venerdì 29 novembre 2024

FREUD E HAMER PERCORSI DA INTEGRARE

 

Abbiamo visto che protagonista della prima legge biologica di Hamer è lo schok improvviso e drammatico considerato eziologico delle più gravi malattie! Ebbene anche a motivo della scoperta freudiana dell’inconscio c’è la questione di un trauma, magari non di carattere così dirompente, in quanto eziologico di disturbi  più che altro della personalità: la famosa “isteria” che il grande neurologo Jean Martin Charcot nelle sue lezioni alla Salpetriere, lezioni cui Freud nel suo apprendistato seguì, adduceva alla sessualità “ c’est toujours la choise genitale, toujours! ” Il sesso come trauma e come causa di numerose affezioni, beh! stante la repressione e conseguente “pruderie” della sessualità nel periodo di fine
Charcot  - Lezione alla Salpetrie'

ottocento, la cosa non era poi così fuori luogo e difatti nelle sue prime formulazioni di scoperta dell’inconscio anche Freud vi fa notevole riferimento: i suoi mancati, i suoi lapsus, le fantasie e anche i sogni sono infarciti di problematiche sessuali, tanto che non manco’ chi lo definì un “pantasesso” e molto si ironizzò in tal senso;  ancor oggi, c’è da rilevare come tale diceria  non è del tutta sopita, e per molti che si sono fermati alla sua prima formulazione di topica dell’inconscio, quella del principio che l’uomo ricerca il piacere e rifugge il dispiacere, è un tutt’uno attribuirla soprattutto  al piacere della sessualità e al dispiacere della sua inibizione. Ci volle l’analisi di un diverso trauma, quello emerso con particolare drammaticità e frequenza con la guerra mondiale del ‘14-18, per cui 
Guerra 14-18 - Shock da granata 
anche Freud adotto’ il termine di “shock” come si diceva allora “shock di granata”  per avviare una profonda revisione di tutta la sua precedente teoria, detta della “libido”;  il saggio che inaugurò questo capovolgimento ha un titolo che è tutto un programma “Al di là del principio del piacere”, quivi non si parla tanto più di shock o traumi, quanto di “pulsioni” un termine assai caro a Freud che già vi aveva dedicato profondi studi,
però a seguito proprio dei reiterati “shock di granata”della guerra di cui lui medico aveva avuto modo di valutarne la diffusione e l’entità e su impulso di un episodio piuttosto banale di un nipote di pochi anni che traeva gran dispiacere e un successivo grande diletto a occultare oltre un divano e poi a farlo riapparire un rocchetto di lana, tirandolo per il filo, ecco che doveva pervenire a quel capovolgimento epocale di tutta la sua teoria fondata sul piacere, e inaugurarne un’altra, laddove il piacere identificato nell’Eros era subordinato ad una pulsione molto più arcaica, di cessazione di ogni conflitto, di una sorta di “Nirvana” ed anche di stretta osservanza al 2° principio della termodinamica (in un sistema chiuso, tutte le forze tendono allo stato di quiete), cui Freud doveva dare la denominazione di Thanatos, ovvero di “pulsione di morte”. Non stiamo qui a elencare tutte le polemiche, le adesioni e soprattutto le opposizioni, che tale scoperta di una pulsione di morte come finalità desiderante della naturalità biologica e quindi anche umana, abbia provocato nel mondo scientifico e culturale (molto meno a livello di opinione pubblica, che come è stato precedentemente osservato non si è molto interessata a questa evoluzione del pensiero di Freud, preferendo mantenerlo, ancora oggi come epigono e anche “campione” di modalità correlate al piacere (libido) e di una panta-sessualità).  La cosidetta “seconda topica” con la quale Freud contrassegnò la sua nuova concezione della psiche ribaltando  tutta la sua precedente impostazione, è rimasta un pò qualcosa per “addetti ai lavori”, vediamo di scoprire quanto questo ribaltamento della teoria freudiana possa essere rilevante, esaminandola alla luce della 1^ legge biologica di Hamer, che pone il trauma, lo shock improvviso all’origine e unica causa  di affezioni debilitanti e anche mortali, la oramai ben nota DHS.  Il ragionamento di Freud, invero non fa una grinza: l’apparire della vita ha rappresentato un turbamento nella quiete del pianeta e questi, il pianeta inteso come entità dotato di una sua misteriosa e mai precisata  coscienza, in virtù di un ulteriore principio scoperto da Freud : la coazione a ripetere,  non fa altro che voler ripristinare lo stato antecedente a tale turbamento : tornare allo stato di quiete, ovvero a quello che c’era prima della vita, l’inanimato, ovvero la morte che
ha il suo enunciato nel 2° principio della termodinamica: la morte termica, ovvero l’azzeramento di tutte le forze.
Dice Freud stesso: «Ammesso che una volta, in tempi immemorabili e in modo che non si può rappresentare, la vita abbia avuto origine da materia inanimata, allora stando al nostro presupposto, deve essere sorta una pulsione che vuole abolire la vita, ripristinare lo stato inorganico. Se in questa pulsione ravvisiamo l'autodistruttività della nostra ipotesi, dobbiamo concepire questa distruttività come espressione di una pulsione di morte che non può mancare in alcun processo vitale. Dall’azione congiunta e opposta di entrambi l’impulso di vita e quello di morte scaturiscono i fenomeni della vita, ai quali mette fine la morte»  In sintonia con tali assunti  anche Hamer fa riferimento ad un medesimo principio, solo che lo fa in termini meno generalizzanti e con peculiarità assai cangianti, contemplando sì la morte come possibilità, ma solo passando attraverso una serie di reazioni biologiche, con però evidenti, più o meno drammatici segnali corporei. Questi segnali, che possono anche
preludere alla morte sono nient’altro che le malattie, intese come reazione della nostra unità psico/biologica ad un trauma e al relativo conflitto, reazioni più che provviste di senso, che metteno in gioco il famoso assioma della filogenesi ricapitolata dall’ontogenesi, ovvero tutta la vicenda della vita, in pratica dalla cellula monocellulare alla complessità organica  riassunta e rimessa in gioco dai cosiddetti “foglietti embrionali “ che altro non sono che  le formazioni evolutive del nostro cervello, dal tronco encefalico, al cervelletto, al midollo spinale,alla corteccia cerebrale, corrispondenti appunto ai foglietti embrionali dell’endoderma, del mesoderma antico e recente e dell’ectoderma : sono loro appunto i registi, “les metteurs en scene”  di ogni affezione, di ogni malattia appunto, che pertanto assumono la valenza di reazioni biologiche più che sensate  alle conflittualità dell’esistenza, poste da un ambiente estraneo, ostile che non ci conosce se non nella modalità di elementi turbativi per i quali vige la coazione a
ripetere,  del ritorno ad uno stato precedente al turbamento dell’apparire della vita, ritorno all’inanimato, al nulla e quindi alla morte.  
E’ piuttosto evidente come sussista un certo distinguo tra il carattere universale, cosmico della pulsione di morte in Freud, fondata su di un unico grande trauma e quello invece particolareggiato e calato nell’accezione della vita organica di Hamer; difatti lo stesso Hamer affrontando il tema del rapporto con la psicologia, la psicoanalisi, la psicosmatica, aveva tagliato corto “Freud ha sviluppato un sistema teorico globale...” aveva detto nel suo libro Il capovolgimento diagnostico “...centrato sulle cause e metodi di rimozione dei disturbi psichici … laddove la psiche appare come qualcosa di separato dal corpo (non è del tutto esatto perchè sia Freud che tutti i suoi continuatori, hanno sempre data forte rilevanza ai cosidetti sintomi di conversione corporea, magari facendo confluire nel paradigma il più pronunciato pragmatismo americano che ebbe un vero e proprio pioniere nella figura di Harry Stuck Sullivan e della sua teoria interpersonale della psichiatria, fino ad arrivare alla celeberrima Scuola di Palo Alto con studiosi del calibro di Grigory Bateson, Jackson, Weakland, Haley, Watzlavitch,che idearono una “pragmatica della comunicazione” fondata su una precisa metodologia terapeutica che faceva leva  sullo straordinario esempio di un terapeuta, fuori da qualsiasi scuola, ma che era capace di curare
chicchessia, proprio in virtù di una sua particolarissima sensibilità e una perizia metodologica  impressionante : Milton Erickson! Non a torto considerato  come il migliore e più efficace terapeuta del mondo e di ogni tempo,  checchè ne dica Hamer, Milton Erickson era capace di far dissolvere come nebbia al sole e nello spazio/tempo di pochi minuti  una fobia, una nevrosi, financo, con un tantino di tempo in più,  una psicosi, tant’è che oltre la Scuola di Palo Alto, due studiosi Richard Bandler e John Grinder, intorno alla seconda metà degli anni settanta, sistemizzarono la prassi di intervento Ericksoniana, fino a pervenire all’ideazione di una nuova scienza terapeutica: la Programmazione Neuro Linguistica (PNL), che utilizzava appunto quello che fu denominato “Milton Model”.  
Tutto questo e anche altro, magari di impianto più teorico e più riconducibile all’alveo psicoanalitico, ha contrassegnato l’ulteriore evoluzione della scoperta freudiana: l’inconscio come “luogo dell’Altro” del francese Jacques Lacan, che ribadiva la continua necessità di “leggere e rileggere Freud” e un inconscio come insiemi infiniti del cileno Ignacio Mattè Blanco, che individuava una perfetta simmetria nel funzionamento dei meccanismi inconsci, andando a frantumare i fondamenti della Logica aristotelica (identità, non contraddizione, terzo escluso) fino a pervenire ad una “bi-logica” dove tutte le tradizionali classi di appartenenza della psiche umana venivano, nel linguaggio dell’inconscio, ribaltate.


venerdì 22 novembre 2024

LA MALATTIA UNA STRADA LATERALE DELL'ES

 

La malattia presa così in dettagliato esame da Hamer è più che mai un prodotto dell’Es ovvero dell’inconscio e quindi si applica ad essa quella stessa considerazione simbolica riservata ad un sogno, ad un lapsus, ad un atto mancato, con una premessa fondamentale: noi, il nostro corpo, la nostra psiche, insomma tutta la nostra entità biologica, non ha una malattia, ma “è la malattia”. Anche qui siamo in presenza di una rivoluzione copernicana, un  capovolgimento che interessa la diagnostica, che non potrà più essere riservata ad una specifica classe di addetti di settore, le cui modalità, tra l’altro sono ben lungi dall’essere limpide e scevre da interessi economici, ma dovrà investirci  in tutta la complessità della nostra interrelata entità psico/biologica.Come detto, la prima di queste Leggi Biologiche della sconvolgente teoria del Dr.Ryke Geerd Hamer trae origine dal doloroso incidente di suo figlio  .Fu proprio questo tragico evento a innescare un meccanismo di revisione di tutta la medicina da parte del padre del giovane, che era uno stimato medico, primario in ginecologia nella clinica oncologica universitaria di Monaco di Baviera, del tutto ortodosso alla pratica della sua professione,  che  poco dopo  la morte del figlio, avvenuta dopo 4 mesi di agonia, fu colpito da un cancro al testicolo. Stranamente Hamer che non era neppure un medico particolarmente velleitario e contestatore, per nulla influenzato da medicine alternative, e neppure seguace di particolari correnti, tipo il Siero Bonifacio o la Cura Di Bella, nè condizionato  da idee più di carattere filosofico/psicoanalitico, come la psicosomatica di George Groddeck, ma esercitava del tutto ordinariamente la sua professione, anzi  si era messo in luce sia per tendenze umanitarie ( era venuto in Italia a curare del tutto gratuitamente dei pazienti indigenti) sia per certe sue invenzioni di carattere medico specialistiche, regolarmente brevettate e che gli procuravano notevoli proventi, fu indotto a riflettere sulla particolare attinenza del tumore al recente trauma, ovvero la perdita di un figlio e in quella maniera ignobile, per le stravaganze criminali di un nobilastro da quattro soldi, e anche sulla particolare localizzazione  di tale tumore diagnosticatogli e per il quale non gli erano state date troppe speranze di sopravvivenza (il testicolo è palesemente un organo del corpo che è strettamente correlato alla procreazione, e quindi al figlio perduto). Essendo Hamer medico in una clinica oncologica, aveva avuto modo di verificare che tutti, indiscriminatamente tutti, i pazienti ammalatisi di cancro, avevano da addurre un evento particolarmente traumatico all’origine della loro affezione. Dopo tre anni dalla morte del figlio, periodo durante il quale per l’intanto il suo cancro al testicolo era stato asportato chirurgicamente (quindi in piena accettazione dei principi della medicina tradizionale) e  completamente scomparso, malgrado fossero state diagnosticate metastasi con una stima di sopravvivenza scesa all’1% (questo magari da addursi  alla piena consapevolezza  di ciò che l’aveva ingenerato) , aveva raccolto una mole consistente di cartelle cliniche dai cui dati emergeva sempre la costante di questo trauma particolarmente virulento all’origine della malattia. Nell’evoluzione della sensazionale scoperta dell’origine del cancro, si  trattava di un vero “schok”che Hamer era andato a definire con la valenza di “biologico” che fungeva sempre da detonatore  e assolutamente eziologico in affezioni di particolare gravità, quale appunto il cancro. Hamer denominò questo schok in memoria del figlio : DHS - Dirk Hamer Syndrome, e la conflittualità biologica da esso innestata SBS, programma Speciale Biologico Sensato, dando a tutto il processo una precisa connotazione, appunto di Legge Biologica, la Prima Legge : “ ogni SBS, programma Speciale Biologico Sensato, che fino ad oggi abbiamo chiamato erroneamente  malattia, è generato da una DHS (Dirk Hamer Sindrome), ovvero un evento particolarmente drammatico, inaspettato, scioccante e vissuto in senso di isolamento e massima paura”   E’ abbastanza evidente come già questa prima legge definita biologica e etichettata con la ulteriore definizione di “legge ferrea del cancro” doveva provocare una ancora più ferrea reazione da parte della medicina ufficiale;  difatti nell’ottobre 1981 quando Hamer che, come abbiamo accennato aveva raccolto una consistente mole di cartelle cliniche a sostegno della sua tesi dello schok biologico come origine del cancro, aveva cercato in prima battuta nella clinica in cui era primario  di rendere pubbliche le sue scoperte,  fu subito posto nella condizione o di abiurare o di lasciare il lavoro e lo stesso avvenne pochi mesi dopo alle università di Tubingen e Heidelberg dove insegnava da parecchi anni: le sue tesi di stretta correlazione tra cancro e psiche  venivano rigettate in toto dai decani universitari e non troppo tempo dopo cominciarono le vere e proprie persecuzioni, certamente ordite dalle potenti lobbies mediche e farmaceutiche, che tutto potevano accettare, tranne che fosse messo in discussione il fondamento stesso della loro strapotenza: l’interesse commerciale correlato al mercimonio di cure, farmaci, ricerca, istituzioni pubbliche e private e alimentate da un effetto volano della più nefanda delle emozioni umane : La Paura. E’ difatti proprio la paura il collante che ha sempre irretito la gran massa delle persone, lo sterminato serbatoio dei pazienti. Individuando una ragione, un motivo e addirittura un senso biologico alla malattia, addirittura al cancro, questi cessava di essere un accidente casuale con fumose esplicazioni di malasorte o sfiga genetica avallate da più o meno manipolatori procedimenti statistici, e quindi rimandando la vera causa ad una stretta correlazione tra mente e corpo, faceva traballare quell’impalcatura di paura da sempre correlata alla malattia. Se alla base di una affezione tanto grave collochiamo un preciso fatto con relative reazioni di stretta connessione tra biologico e psichico, è ovvio che si è nella condizione di sottrarsi al diabolico dictat di lobbies mediche e farmaceutiche, costantemente alimentato da tale paura (diabolico nel senso proprio della antica parola greca desunta dal verbo “Ballein” in correlazione col prefisso “dia” che dà il significato di separare , disgiungere) :  ci può essera un qualcosa che  divide l’umanità più della paura?  la paura è la quintessenza del diabolico, essa divide appunto l’umanità e instaura categorie, da una parte pochi che detengono il potere e stabiliscono le regole, dall’altra la sterminata moltitudine di persone che sono mantenute nella paura, continua a transitare da uno stato di salute a quello di malattia, in special modo se non addivengono a quei famosi dictat.  Come dicevano i Romani “divide et impera!” Ora cosa succede se arriva qualcuno che ribaltando l’equazione dice qualcosa che contravviene alla paura? dice un qualcosa che non si rifà a quel “dia-ballein” ma piuttosto fa riferimento ad un “sum -ballein” ovvero un simbolico che riunendo, rimettendo insieme quell’unità tra biologico e psichico, tra mente e corpo, contravviene a quanto di più radicato nella storia delle organizzazioni umane? Possiamo chiosare asserendo che “chi avversa la paura, fa paura!..fa paura”... questa volta non alla grande maggioranza della  massa delle persone, ma proprio a quella piccola comunità, che di volta in volta nel corso della storia, si trova a detenere le redini del sistema, e...si! fa paura anche a quella classe pseudo sacerdotale, che nel servizio reso a tale entità, si è assicurata prebende, vantaggi, lucro e anche onori  ” Ecco è proprio questo che è avvenuto con Hamer, ma non scandalizziamoci Hamer non è certo il primo che è incorso in tale “anatema” la storia è piena di personaggi simili che hanno pagato con persecuzioni, scherno, irrisione e anche con la morte, tale atteggiamento : Jan Hus, Niccolò Copernico, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Karl Marx, Charles Darwin, Sigmund Freud. Non rientra nei fini del presente saggio andare ad esaminare, caso per caso, la valenza di impatto e di reazione da parte della classe dominante, di ciascuno dei sopracitati personaggi: a noi in questa sede interessa  approfondire la particolare relazione che può instaurarsi tra la scoperta di questa nuova sconvolgente teoria con una precedente scoperta, risalente all’inizio del medesimo secolo, quella dell’inconscio da parte di Sigmund Freud e tutta l’impalcatura della psicoanalisi 

IN ORIGINE FU....IL TRAUMA

E' un po' dalle considerazione degli articoli precedenti che prende corpo la teoria Biologica di un nuovo modo di intendere la medicina che quel medico tedesco, di cui abbiamo fatto cenni Ryke Geerd  Hamer ha formulato, dopo aver subito in prima persona un trauma spaventoso, che ha anche avuto un certo riscontro di cronaca, ovvero l’uccisione nell’estate del 1978  da parte del Principe Vittorio Emanuele di Savoia, che per futili motivi  si mise a sparare all’impazzata tra alcune barche attraccate a ridosso del’Isola di
Cavallo in Corsica, colpendo appunto  un giovane di 19 anni Dyk che era il figlio di Hamer. Il ragazzo  morì  dopo 4 mesi di agonia, evento che  al padre  ingenerò un cancro al testicolo, per il quale essendo lui un oncologo ne valutò sulla sua pelle l’eziologia,  andando appunto a stabilire una connessione tra trauma e affezione. Nasce quindi da tale drammatico evento quella che questo medico arriverà a definire “ La ferrea legge del cancro” che costituisce la prima delle sue “5 Leggi” denominate  “Biologiche”  che  stabilisce che  quando uno dei conflitti dell’esistenza assume una virulenza inusitata e ha la  peculiarità di un  vero e proprio shock, improvviso, inaspettato e vissuto in uno stato, vero o supposto, di isolamento, ecco allora che la reazione del relativo foglietto embrionale sarà altrettanto virulenta e produrrà appunto un tumore ovvero una abnorme proliferazione di cellule  o una drastica riduzione, a secondo del  coinvolgimento della parte dell’encefalo preposta e questo semplicemente perchè rappresenta una forma ancestrale di reazione a quello specifico trauma per il quale è stato sollecitato un determinato foglietto embrionale, che si appunta su di una determinata parte del corpo che quindi si costituisce come una sorta di “organo/bersaglio” di un complesso processo di reazione e riparazione, che noi chiamiamo erroneamente malattia e anche cancro. La grande novità e diversità di tale concezione dalla ortodossia medica,  è innanzi tutto quella di stabilire una totale sintonia tra  mente e corpo,  ovvero una perfetta entità integrata psico/fisica e proprio in quanto tale definita biologica, ma anche quella di differenziare due diverse fasi di risposta ad un trauma, anzi a tutti i traumi:
una prima fase  cui l’unità biologica mente/corpo reagisce di primo acchitto

“a botta calda” dice il senso comune, ovvero mettendo in atto tutti quei sistemi di allarme e di pronta reazione per far fronte all’immediato pericolo: una reazione che possiamo spiegare  a livello di sintomo
dal verbo greco “συμπίπτω - accadere, capitare insieme, in quanto composto dalla particella  σύν  che significa  appunto insieme  e il verbo  “πίπτω” che significa accadere;  ovvero che cosa è che capita insieme? appunto l’evento traumatico e l’io conscio come “persona, come presenza che si trova in questa situazione di emergenza, Hamer la chama “fase fredda o simpaticotonica in quanto innesca le innervazione del sistema simpatico, ma se uno volesse andare ad adottare una terminologia psicoanalitica, questa è una fase in cui è in gioco solo il sistema conscio dell’individuo, ovvero l’Io, che come ha osservato Freud agisce sempre per  per sintomi (accade insieme all’evento) - quindi una seconda fase, quella che si instaura quando l’emergenza è, per così dire, superata, che Hamer chiama Vagotonica o fase fredda, in quanto diretta dal nervo vago, quella che mette in azione i foglietti embrionali.  E’ in questa fase vagotonica  che si manifesta appunto la malattia, tanto più grave e virulenta, quanto più grave è stato lo schock traumatico, ma che sul proseguo dell’intenzione del presente scritto, di correlazione con la psicoanalisi, non sarà più da ascrivere solo  al sistema conscio e quindi alla pronta reazione  sintomatica bensì  anche a  quello inconscio la cui reazione è molto più elaborata, eminentemente simbolica, nel senso che deve “ri-mettere le cose a posto (sum-Ballein) che l’evento traumatico e il relativo conflitto innescatosi a livello di individualità biologica, hanno di fatto cercato di separare (dia-ballein) in una accezione di integrità e normotonia biologica. Dice Jacques Lacan che il tempo dell’inconscio è il Futuro Anteriore,
quel “sarà stato” che da’ senso a quello che deve avvenire nel solco della tradizione e della ri-assunzione  di un passato da cui trarre ispirazione; e’ quanto mai ovvio quindi che questo futuro anteriore è dato dalla psicoanalisi, per ora, in primissima istanza, la canonica psicoanalisi freudiana, l’interpretazione si, ma non solo dei sogni, ma di tutte le altre manifestazioni del cosiddetto inconscio, i lapsus, gli atti mancati, i motti di spirito,  le fantasie, tutte le produzioni dell’arte, scrittura, musica, pittura, scultura, architettura, cinema, quindi la malattia e in un’ultima battuta, la morte: tutti meccanismi che Freud identificava come discorso di un linguaggio, la famosa “talking Cure” secondo la felice espressione di Anna O., una delle sue prime e più celebri pazienti, “l’inconscio è strutturato come il linguaggio” ribadiva  Lacan, e in quanto a quel certo discorso, il discorso di ognuno dei prodotti dell’inconscio, che riflettono altro della coscienza...bhe! superfluo sottolineare, tornando a Freud  e alle sue espresse parole,  che “ogni discorso mancato è un discorso riuscito” Per  verificare se questo discorso mancato è davvero un discorso riuscito, dobbiamo vedere in qual modo le tipiche funzioni simboliche dei prodotti  dell’inconscio o Es, nel senso proprio del termine simbolo, possano conformarsi alle scoperte di Hamer sulle leggi biologiche e al funzionamento dei foglietti embrionali. Partiamo dall’inizio proprio dalle prime scoperte di Freud,  ebbene si! tutto sembra correlato alle parole, e non solo, ma queste parole si riferiscono a fatti, episodi, circostanze, pensieri che
perlomeno fino ad allora erano considerate un pò uno scarto del linguaggio articolato e anche del pensiero: il sogno, oh diamine!  il sogno, ma ti rendi conto?:  da quando in qua un medico, un professore, si mette alla stregua di una volgare “smorfia” per vincere al lotto? e come se non bastasse:il lapsus, che cosa è un lapsus? un svista linguistico/espressiva, del tutto irrilevante ai fini del significato di un discorso compiuto, ed ancora. l’atto mancato, un pò tutto il mancato e persino il motto di spirito, una boutade, l’ironia... da che mondo è mondo, tutto armamentario buono ecco al massimo per rappresentazioni senza pretese di un teatrino di evasione. Ma il signor Freud insiste e va oltre:  tali “scarti” del linguaggio e dello stesso pensiero umano vanno sempre più assumendo un significato “altro” che tende addirittura a trascendere e superare quello tradizionalmente accreditato. E’ la famosa “rivoluzione copernicana” dell’inconscio, secondo la stessa definizione di Freud, che riprende una dizione che aveva già utilizzato Kant,  perchè è così che l’inconscio viene postulato, non come parte oscura e misteriosa della mente umana, che questa era già stata espressa da più di uno studioso : Wundt e persino Schopenauer e Nietzsche, ma che viene esperito attraverso sue manifestazioni/effetti, che si discostano dal senso cosiddetto normale, come ho fatto cenno, addirittura considerati scarti. E’ questo il modo in cui Freud scopre l’inconscio: da effetti di significazione!  Le parole sono solo uno dei  mezzi per portare alla luce, tali meccanismi e sovente neppure il più importante, checchè ne abbia a dire Anna O., anzi per lo più vanno interpretate per quello che non dicono, per quella metà nascosta, ed è proprio tra le pieghe di tali parole e individuando altri messaggi del corpo, la svista, l’accenno, il mancato, le conversioni, insomma tutti i meccanismi dell’inconscio, che possiamo pervenire al senso profondo, appunto di quello che il corpo nella sua interezza ha da comunicarci 
In effetti la “scoperta” di Freud è epocale, ma anche la “scoperta” di Hamer è epocale :”l’Io non è più padrone a casa sua” si è detto a ragione,  ma in questa casa ci sono proprietari e anche inquilini che utilizzano loro “credenze” e si comportano di conseguenza. Come giustamente ha affermato Lacan, l’Io funziona come un sintomo, anzi è il sintomo per eccellenza, per cui anche il linguaggio parlato sarà giocoforza sintomatico, ma non così l’inconscio o Es,  che come dice sempre ancora Lacan, non parla, ma ripete, ovvero dice sempre la stessa cosa! e perchè lo fa? “elementare Watson!”  direbbe lo Scherlock Holmes di Conan Doyle “...perchè non è mai capito!” Il punto è che l’Es non agisce per sintomi, ma con un altro meccanismo, ben più complesso : il SIMBOLO.

mercoledì 20 novembre 2024

MALATTIA TRA EDIPO E NARCISO

 

NARCISO E NON EDIPO
Ho sempre detto che la malattia e' un qualcosa che attiene piu' all'inconscio che alla coscienza e quindi  un qualcosa che solo in parte ha una eziologia esterna e solo come accidente è  un qualcosa che capita così per caso, per sfortunata eventualità (sfiga biologica) o tantomeno per ineluttabilità genetica (sfiga genetica), ma tutto, proprio tutto, psichico e fisico, mente e corpo, è sempre un preciso programma, o meglio un doppio programma,  della nostra entità e unità  corporea,  impegnata in un mondo, in una natura, in un complesso sistema ambientale che la ospita d’accordo, ma che anche  la sottopone continuamente ad una serie di “prove, sfide, traumi” con relativi conflitti, cui deve far fronte e risolvere per assicurarsi  la sua “presenza” Partiamo dalla malattia e non da altri meccanismi, che tradizionalmente sono stati accreditati all’inconscio, con sempre quel correlato di fumosità, di indefinizione e anche di mistero, perchè il suo statuto nella storia della coscienza umana, e’ anche oltremodo ambiguo : diffatti, e questo vale praticamente da sempre, il cosidetto immaginario collettivo si è sempre lasciato convincere con facilità da una sorta di paradigma fondato sulla paura  che ha informato tutte le strutture sociali, sia quelle di tipo religioso fideistico dove la paura era in funzione del peccato con la  malattia come  la giusta punizione di stampo divino , sia di tipo economico consumistico dove invece  la paura della  malattia era di un tipo più legato a consumismo e mercimonio con avallo di procedimenti statistici, ma nel contempo ha anche costruito una vera e propria credenza, comune ad entrambi le Società, ovvero una incondizionata ammirazione per una supposta perfezione della natura, con però alcune falle, incidenti di percorso,sotto un aspetto non biologico, ovvero terremoti, glaciazioni, nubifragi,  ma veri e propri tilt se passiamo all’aspetto biologico, dove la malattia, specie con il suo assurgere a indicizzazione generale con le epidemie, fa indubbiamente la parte del leone. Un ulteriore  aspetto di tutto il correlato sotteso al termine malattia, che però, diciamocela tutta, da un punto di vista dell’utilità delle classi detentrici del potere, di qualsiasi periodo e orientamento,  è stata una vera manna. Come si evince dunque da ogni modalità di approccio alla tematica malattia torniamo sempre alla convinzione di una coscienza più o meno collettiva, che ricerca le sue motivazioni e la sua stessa logica sempre all’esterno da sè, ma mai e poi mai all’interno, nelle pieghe del suo essere al mondo e in precise modalità di reazione della sua entità biologica (un corpo, ma anche una mente in stretta correlazione, per dirla tutta: un tutt’uno!) ad un mondo che la impegna. La struttura e le cause della malattia sono andate, nel corso dei millenni e  delle varie società, sempre ricercate in qualcosa di esterno:  il peccato,la punizione, la contravvenzione a precisi dettami, sia etico/religiosi, sia di abitudine e di prassi di vita, nè il paradigma è granchè mutato quando si è addivenuti alla cosidetta mentalità scientifica della medicina moderna, laddove ci si è limitati a sostituire  i termini: il protocollo nosologico al posto della offesa al divino, una casualità a mò di sfiga, alla bisogna  biologica, alla bisogna genetica, al posto della colpa e vieppiù il procedimento statistico, ovvero una sorta di gioco del cucuzzaro come procedimento distintivo per l’individuazione dei meccanismi di diffusione della malattia.  Insomma, parliamoci chiaro, il principio di mantenere a stretto giro di coscienza e quindi nè più nè meno come uno dei tanti analoghi individuati attraverso il meccanismo metaforico della condensazione e quindi con un referente sempre esterno che funge da paragone, è quanto mai inadatto a trattare un qualcosa che invece riposa ben dentro di noi e semmai abbisogna di tutt’altri meccanismi di disvelazione, non dissimili da quelli adottati dagli altri messaggi del’inconscio. Qual’è quindi la tesi del presente scritto?  che  se cambiamo  la modalità di percezione anche la malattia si configura  come un messaggio sensato e in un certo qual modo “riuscito” non certo rispetto ad una coscienza che classifica, cataloga, ma rispetto ad un inconscio che come abbiamo visto aveva compartecipato alla esigenza di mantenere il suo stato biologico di entità vitale,  di esser-ci, ma  è anche depositario del desiderio di ritornare da dove è venuto (de-sidera)  e quindi è proprio la malattia che ci fa pervenire a quella pulsione di morte che rappresenta il girone più ardito della speculazione di Freud sull’inconscio e il suo fine ultimo che identifica il desiderio come ritorno ad uno stato precedente all’apparire della vita,  (Al di là del principio del piacere) Quindi e' anche di prammatica che in questo òpercorso di indagine la smetteremo di avvalerci di Edipo, ma passeremo a Narciso come immagine molto piu' attinente alla entita' del problema.  

Malattia e morte...capirai ce n’è di che saltare della sedia! stiamo affrontando le due bestie nere della coscienza: ma possiamo dire parimenti che si tratta anche della bestia nera di un inconscio? del meccanismo fondato cioè non sulla metafora, ma sulla metonimia,  di un qualcosa che non va alla ricerca di sempre nuovi significati esterni  da attribuire alle proprie analogie, bensì del significante di tutta la sua ontogenesi, un trascinamento di emozioni, allucinazioni, ispirazioni ma anche sviste, fantasie, sogni, che pervenute a quel famoso giro di boa della costruzione della coscienza, sono state libere  di dedicarsi alla seconda istanza  dell’apparire della vita biologica, quella del desiderio! E il desiderio, come dice Freud, come dice il principio del Nirvana e anche  il 2° principio della termodinamica, è principalmente desiderio di ritorno, ritorno da quel nulla da dove si è venuti o magari da stelle lontane la cui luce che ancora ci raggiunge è anch’essa morta da milioni di anni. Ebbene vogliamo provarci a individuare questo discorso sensato per queste due bestie nere della coscienza? e farlo non con il linguaggio simbolico dell’inconscio, ma proprio con quello della stessa coscienza: parole, scritti, studio, conoscenza e riflessioni, pervenuto finalmente però ad una modalita’ non più di diniego o svalutazione di quella parte di sè che solo da poco più di un secolo ha avuto il suo diritto di cittadinanza in merito al funzionamento di quel cervello che coordina tutte ma proprio tutte le attività della nostra entità biologica in una totale integrazione psicofisica    Per comprenderla davvero la malattia, per ricercarne la causa, quella che in termini scientifici viene  denominata “eziologia” ovvero dalla parola greca “αἰτιολογία, comp. di αἰτιο- «ezio-» causa  e -λογία «-logia» discorso, dobbiamo spogliarci di tutte le credenze che ci sono state propinate nei secoli e affrontare il problema da un diverso punto di osservazione e anche di mentalità...eh si!  fare un pò quello i fisici quantistici fanno da qualche tempo:  doppia fenditura, neuroni specchio, entanglement, utilizzando anche varie figure che magari non te le aspetteresti in trattati scientifici: diavoletti dispettosi, farfalle, gattini che vanno e vengono da una certa scatola, e dove si parla di “indeterminazione” (Heisenberg)  “complementarietà” (Bohr) “relatività” (Einstein)  “dualismo onda/particella (De Broglie) “funzione e collasso d’onda (Schrodinger) e parecchi altri tra  formule e principi. Direi proprio di fare quello che ha fatto la natura biologica:  partire   proprio dall’inizio, da dove è partita lei, ovvero  dall’origine embrionale dei tessuti costituenti  gli organismi viventi, ovvero dalla cellula uovo fecondata, laddove vale l’assioma della filogenesi ricapitolata dall’ontogenesi, ovvero la storia e intera vicenda dell’evoluzione della specie che ha una puntuale riproposizione nella storia e vicenda di ogni singolo individuo, cioè l’embrione.  Proprio come a livello macroscopico un elemento esterno filiforme che può benissimo essere visto come una cometa, quindi un qualcosa di origine siderea (de - sidera)  si impatta e penetra in un elemento tondo tipo un pianeta quale la terra, quindi una filogenesi anche cosmogonica per l’apparire della vita, a livello biologic0/soggettivo un elemento della stessa forma di una cometa (spermatozoo maschile ) penetra nell’uovo  femminile per dare avvio ad una nuova vita. L’inizio è obbligato ed è rappresentato dall’embriologia, una branca che non è stata mai troppo considerata nell’accezione della medicina tradizionale, più attenta a procedure di carattere nosografico, i famosi protocolli, con formulazione di diagnosi e prognosi e valutazioni a livello statistico. Uno studio, una attenta esamina dei tessuti  costituenti  gli organismi viventi, che hanno appunto origine nell’embrione, in effetti potrebbe rappresentare quel salto di qualità, in grado da dare alla medicina una marcia in più, anzi  proprio ad  un cambiamento di marcia, per individuare nuovi parametri di intervento.
Noi sappiamo che dopo il concepimento la cellula uovo fecondata  comincia un processo di  divisione e moltiplicazione della sua struttura:  da una singola cellula a due, a quattro a otto, fino al numero di sedici le cellule sono chiamate totipotenti, perchè da ognuna di queste singole cellule, può ingenerarsi un organismo completo, dalla 16^ in poi però comincia un ulteriore processo di  differenziazione, che porta alcune a posizionarsi all’esterno dell’ammasso cellulare, altre all’interno, un pò come se ci fosse quel famoso diavoletto di Maxwell che posiziona particelle incanalandone da una parte all’altra della stanza, ma la peculiarità più significativa  di questa suddivisione oltre la sedicesima cellula è che esse non sono più totipotenti, cioè non possono dar luogo ad un organismo completo, non possono diventare una qualsiasi cellula di tale organismo, ma solo un determinato tipo di tessuto, un tessuto che è stato denominato embrionale e ha dato appunto luogo alla formazione di foglietti embrionali, che andremo a dettagliare tra pochissimo, come terza delle Cinque Leggi
LE 5 LEGGI BIOLOGICHE DI HAMER

che un medico tedesco Rick Geerd Hamer  ha ideato e stilato con la qualifica di “Biologiche” Come vedremo sono proprio  questi  foglietti embrionali gli elementi su cui stabilire una nuova, diversa e infinitamente più corretta e dettagliata eziologia di qualsivoglia affezione, stabilendo una precisissima e sistematica correlazione tra il fenomeno malattia e l’evento che l’ha ingenerata, ovvero sempre e comunque un trauma, un trauma di adattamento ad un ambiente, da cui si diparte un conflitto, con tanto di processo reattivo e di riparazione che non potrà non avere tutta una serie di vicissitudini, proprio come le antiche “pulsioni” freudiane,
questa volta però che affonda la sua logica in tutta la filogenesi della specie e nella sua ricapitolazione con l’ontogenesi dell’individuo:  da organismo monocellulare a pluricellulare, e sotto la spinta dei cambiamenti di stato cui un organismo sempre più complesso e articolato si trova ad interagire, che  produrranno nuove abilità si, ma anche nuove modalità di reazione ai conflitti che il mondo naturale ci richiede per continuare a farsi abitare:  occorrera’ difatti  fornirsi di differenti specificità anatomiche nel passaggio da un elemento acqua ad un elemento terra, polmoni al  posto di branchie, un apparato locomotore invece di pinne e coda,  formazione di  muscoli, tendini, uno scheletro, crescita di  peli per far fronte alla rigidità del clima, la pelle dovrà ispessirsi per proteggersi dai raggi solari, quindi, nuove specializzazioni fisiche, continuare a sviluppare  una locomozione sempre più efficace, e apparati atti a favorire una aggregazione in gruppi e relative nuove funzioni per fronteggiare le crescenti difficoltà, indotte anche dal vivere sociale (la più tipica e già specificamente umana, la parola e il linguaggio articolato) Tutto questo ha una traccia psichica, ma anche biologica in quello che siamo diventati, e una precisa traccia hanno anche i relativi conflitti che abbiamo dovuto affrontare, che si andranno appunto a localizzare nello sviluppo dei foglietti embrionali.

martedì 19 novembre 2024

THUMOS NASCOSTO



 

Rimando ad un libro di fondamentale importanza dove questo processo descritto nell'articolo precedente su questo stesso blog è circostanziato in maniera illuminante, ovvero “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” dello psichiatra americano Julian Jaynes, laddove viene ipotizzato che con tutta probabilità il primo referente di questo tipo di comunicazione altra, non metaforica, ma metonimica, con carattere prescrittivo, dovette essere il Capo del Gruppo, il membro dominante, il soggetto preposto alla guida e alla conduzione del gruppo, le cui indicazioni assumevano un che di efficiente, di consolidato e di non discutibile, appunto quell’’ob-audire=ubbidire, da parte dei membri a lui sottoposti, in quanto in gioco la sopravvivenza stessa di tale gruppo, anche  nel suo farsi clan, tribù, comunità, città, stato; però in seguito, con la morte fisica, di questo capo, di questo Re,  le sue voci, i suoi precetti avrebbero rischiato di  venire dimenticati se non fossero stati messi in atto determinate procedure, anche neuronali che ne favorissero
invece una costante rammemorazione : si assiste quindi ad una serie di procedimenti riscontrabili in tutte le antiche civiltà: l’abitazione del capo morto viene dipinta di rosso, spesso e volentieri dotata di un parapetto rialzato dove viene acceso un fuoco che una classe sacerdotale è incaricata di mantenere acceso, lo stesso successore al suo ruolo di guida, viene investito di una funzione di interprete degli antichi ammaestramenti, finche’ alla  sua morte fisica si stabilisce una sorta di continuità: l’antica abitazione, diviene la dimora non del singolo Re, ma di tutti i Re, dove continuano ad assommarsi tutti precetti, finchè ad un certo punto il Re morto  impersonando se’ e i suoi successori, diviene un Dio vivente, il sepolcro diviene una statua da adorare, la casa un tempio, il più distinguibile, il più visibile  possibile, quasi sempre al centro dell’abitato, in posizione rialzata e tutti quegli ammaestramenti, quei consigli, quelle voci non sono più ascrivibili ai singoli re, ma diventano un’unica grande voce, la voce del dio, degli dei viventi. E’ così che nell’uomo nel Gruppo si forma  da una serie di stimoli visivi, ma sopratutto da stimoli auditivi, l’idea degli dei: una sorta di codice neuronale che localizzato attraverso termini in sempre continua evoluzione/specializzazione (il ”come se…” della metafora)  potessero essere tradotti in una accezione non nominalistica ma prescrittiva, con la peculiarità di ricezione non metaforica, di condensazione di significato, ma come trasferimento di significanti, una comunicazione  non  esterna, portata da un linguaggio di attribuzione,  ma interna con caratteristiche di voce non articolata, ma allucinatoria, che più che udita dovesse essere obbedita.
Siamo, come è evidente, in una accezione unicamente umana, gli animali non disponendo di un linguaggio articolato non possono nominare le cose e non possono neppure trascinare modalità di comportamento, facendo tesoro di prescrizioni e esperienze  ratificate,  quindi debbono totalmente soggiacere all’istinto (la tana, il gruppo, l’accoppiamento, la prole, la difesa, l’attacco, la morte). Linguaggio articolato e voce allucinatoria, metafora e metonimia, conscio e inconscio, si comportano per un lungo periodo dell’evoluzione umana come due strade parallele, che pur non incontrandosi canonicamente mai, procedono appaiate e hanno anche numerose traverse che le intersecano; traverse che solo nell’uomo, sono espresse linguisticamente, come abbiamo accennato, con le due diverse modalità accennate: la prima come  condensazione di significati  (metafora) la seconda come  trascinamento di significanti ( metoninia ), due modalità di trattare diversamente il fenomeno specificamente umano, il  linguaggio, ma che concorrono ad una unica grande istanza, apparsa con il primissimo apparire della vita biologica in un contesto inanimato quale appunto era il pianeta terra: permanere nel proprio stato, adattarsi.Si può quindi  sostenere che nella struttura stessa biologico/percettiva dell’animale uomo si possano distinguere due diverse modalità programmatiche: una esterna data appunto dall’ambiente che fornisce continuamente stimoli ad una costituzione di una sorta di paradigma, ed  una interna, promanante  da sè stesso, correlata a qualcosa che solo fino ad un certo punto dell’evoluzione ha accompagnato il cammino umano, non tanto con parole quanto con allucinazioni auditive di  carattere prescrittivo. Uno sviluppo congiunto, ma  fino ad un certo punto: fino ad un punto di svolta, cui  tutte le storie, miti, filosofie, concorrono a  porre come sorta di crocicchio, di  giro di boa, nella ontogenesi umana: l’apparire della coscienza, ovvero quel meccanismo che consente all’uomo di porre se stesso in relazione al suo ambiente:   un analogo, come tutti quelli costruiti fino ad allora ma con peculiarità davvero speciali : il referente dell’analogia è se’ stesso, appunto  un  ’Analogo Io’. e cioè la coscienza, ed è proprio questa che informa quella sorta di crocicchio che fa sì che quella famosa doppia strada prenda direzioni diverse: una continua a formare metafore che consentono un sempre maggiore adattamento all’ambiente esterno, di cui disponendo di una narratizzazione di se’  rispetto all’ambiente, l’uomo è in grado di fare un uso sempre più allargato perfezionato e produttivo, l’altra ora che ora è stata espropriata del suo referente principale (l’uomo che narratizzato sè
stesso in un contesto, non ha più bisogno di voci allucinatorie) sembra quasi andare in sott’ordine, diviene un qualcosa di fumoso, poco rappresentabile, se non in manifestazioni iniziatiche, strani rituali, personaggi emblematici, santoni, auguri, sibille, ma anche artisti ispirati che sembrano trarre la loro ispirazione da chissà quale fonte.  Una cosa che Jaynes nel suo citato libro non manca di rilevare, è che tali modalità hanno anche una corrispettiva collocazione neuronale: la parte conscia, quella appunto del linguaggio articolato, della metafora, dell’analogo io e quindi della coscienza, che deve essere ab-audita si alloca nell’emisfero sinistro del cervello, quella  delle voci allucinatorie, delle prescrizioni attribuite spesso e volentieri ad un dio, uno spirito, una entità più o meno misteriosa, che deve essere “ob audita” , nell’emisfero destro.
Il punto è ora andare a scoprire che evoluzione possano aver subito quelle voci , una volta che l’emisfero sinistro ha costruito quell’analogo io che ha consentito di mettere l’individuo “in situazione” e narratizzare la sua presenza e quindi di quelle prescrizioni non ha alcun bisogno? Sembrerebbe avallata l’ipotesi di zona muta del cervello, ovvero la parte destra in corrisondenza della parte sinistra dove le aree sono deputate alla formazione del linguaggio (area di Wernicke,area di Broke) se difatti una voce non ha più nulla da indicare a livello comportamentale, a cosa servono tali
voci e sopratutto a cosa serve  l’emisfero destro? a niente! è un emisfero del tutto superfluo  in quanto le zone corrispondenti a quelle del linguaggio articolato non rivestono più alcuna utilità. Così sembrerebbe se utilizziamo il referente della singola eventualità comportamentale, ma cosa succede se prendiamo in esame un qualcosa di molto più generalizzato? cosa succede se ci focalizziamo sul “desiderio” che della vita, a detta di molti illustri pensatori, ne costituisce l’essenza?  Succede che viene investito qualcosa di molto più complesso e articolato di una singola evenienza; la modalità allucinatoria delle parti dell’emisfero destro del cervello, preposte alle suggestioni/comandamenti, in correlazione a quella costruzione di analogo io, perde quella funzione di rapporto tra i due emisferi e  si precisa in un qualcosa che assume una essenza a sè stante, quella appunto che informa il desiderio, tutto il desiderio, come correlato sempre presente fin dall’apparizione dell’uomo  e di quel suo distacco dallo stato animale, che attenzione non è la sola coscienza, ovvero l’analogo io, desunto dal linguaggio articolato e dalle
specificità dell’emisfero sinistro del suo cervello, è un qualcosa che sta anche  localizzata  nell’emisfero destro, che esaurita la sua funzione allucinatoria/prescrittiva, la evolve in una generalizzazione di quello che da sempre  ha rappresentato l’istanza della presenza dell’uomo sulla terra, una sorta di pieno ritorno a quel “de-sidera” ovvero quel “venire dalle stelle”: un’entità più o meno misteriosa, certamente ancora sconosciuta, che ha rappresentato l’inizio della vita, ovvero, come dice Freud in Al di là del principio del piacere, un turbamento in un qualcosa di preesistente alla sua apparizione, una fenomenologia irrelata dove  è presente un corpo turbato (il pianeta, terra, lo stato inanimato)  che
tende  incessantemente a ritornare nello stato precedente a tale turbamento e un corpo turbante (l’apparire della vita, non insita allo stato inanimato, ma proveniente da altrove) che  ha invece una duplice istanza : quella di permanere nel proprio stato a tutti i costi (il famoso “la vita ama la vita), ma anche quella di tornare anch’essa da dove è venuta, una nostalgia, direbbe Freud “una coazione a ripetere” ovvero da altrove , lo spazio, il cielo...le stelle... e quindi ri-tornare tra le stelle (de-sidera).


IL THUMOS NON SOLO DI ACHILLE

 

Thumos è la parola di gran lunga più usata nell’Iliade di Omero… “cantami o diva….” eh si! siamo nell’accezione dell’ira più famosa di tutti i tempi, quella del  Pelide Achille, che nell’Iliade, equiparata appunto ad un thumos,  sta a rappresentare sempre un qualcosa di dipendente da modalità reattive a  fattori esterni, che ingenerano un crescendo, una proliferazione, una massa incontrollata di sensazioni, che hanno quindi una manifestazione corporea localizzata in questo o quell’organo: il fiato corto , l’accellerarsi del battito del cuore, un aumento della pressione sanguigna;  quindi più che altro uno stato fisico indotto da una emozione che ha una causa  dall’esterno, ma è gestita internamente di noi stessi.
Il Thumos in una lingua che possiamo decifrare e capire, senza ricorrere a interpretazioni più o meno fantasiose, tipo quelle di cui  archeologi e interpreti si sono sempre serviti  in merito a geroglifici e testi molto antichi  proiettandovi  la loro soggettività, non tenendo nel debito conto la distorsione del significato/significante del testo, è appunto questo, una parola che diciamoci la verità oggi un po’ genericamente è andata a comporre la minacciosissima, terrificante parola tumore che è una sorta di summa di paura e spauracchio in ambito di malattie, che ha numerose altre diciture, cancro, carcinoma, adecarcinoma, formazione neoplastica, ma che la vulgata popolare tende in genere a parafrasarlo con l’espressione “il brutto male”; Parliamo di malattie, tutte le malattie, dal raffreddore appunto al tumore/cancro/brutto male come vogliamo denominarlo, non però da un punto di vista nosografico, ma sulle credenze che la medicina tradizionale continua a propinarci da cui deriva quel sottotitolo del presente saggio  “non esiste” cui fa seguito il contrappunto “ma insiste”, per focalizzare il  perchè la malattia continua imperterrita a terrorizzarci specie con le sue manifestazioni più estreme, apice il tumore.
Le parole, nomi, aggettivi anche i verbi, si sa, possono sempre avere un significato ambiguo, spesso e volentieri antitetico, e anche questo “in-sistere” può essere inteso sia come qualcosa che ha una valenza  specifica di essere e promanare da dentro di noi, non da fuori, ma anche come ripetizione, insistenza appunto, che come vedremo informa un meccanismo altro della nostra ragione, o meglio della nostra entità biologica integrata.  Ecco quindi che, fatto un salto di qualche migliaia d’anni, anche oggi, il Thumos o tumore ovvero  “il brutto male” è anche lui una cosa che non esiste, perchè il principio base è quello che nulla di quanto c’è all’esterno, cioè che sta fuori di noi, non  può veramente nuocerci se non siamo noi che glielo
consentiamo, ecco ci può capitare, ma solo una volta avuto tale permesso... solo allora... si!!!!  possiamo dire  che “in-siste”...e spesso e volentieri... fino alla morte! Fu Kant a ratificare che “la cosa in sè” è inconoscibile in quanto “esterno da noi” ; l’essenza delle cose è incommensurabile al pensiero umano, anche se  bisogna convenire che fu proprio Kant a porre come correttivo l’antico termine, usato da Platone, di “noumeno” ovvero quella sorta di idea della ragione che è proprio quello che il pensiero umano cerca di rappresentare di  cio’ che va oltre la sua comprensione. Detta un pò alla buona la cosa in sè sarebbe il Reale, mentre il noumeno, grosso modo l’Immaginario; però se a tale dualità, ci aggiungiamo un terzo meccanismo, direbbe lo psicanalista Lacan “un terzo registro”, ovvero quello del Simbolico, non potremmo pervenire ad una sintesi, una sorta di dialettica, laddove la “cosa in sè” siamo noi?  o perlomeno quella parte di noi  di cui abbiamo sopra fatto cenno e che abbiamo, per ora,  definito “altra” si configuri come preminente?  Un qualcosa che giustappunto “non esiste, ma insiste!
.Ebbene le stessa cosa è sostanzialmente la malattia  che così come è rappresentata ha sempre a che fare con qualcosa di esterno che ci capita così per caso, per nostre cattive abitudini, alimentari, di vizio, di abitudine oppure per sfiga biologica o genetica ed ha una pseudo conferma in procedimenti statistici. Cosa succede però se ci disponiamo ad accogliere quel distinguo appena accennato:  cosa succede se la cosa in sè, invece di cercarla all’esterno, la ricerchiamo all’interno di noi ? non il noumeno, come idea di ragione della coscienza, ma qualcosa di “altro” che pure fa parte di noi e che abbiamo denominato inconscio?  Questo si che potrebbe essere un capovolgimento radicale di qualsiasi riferimento, quello cui anche Kant faceva menzione in merito alle sue categorie, ovvero una “rivoluzione copernicana”, ma che non disponendo della nozione di inconscio, non poteva rappresentarsi e rappresentare:  quello che cambia è appunto l’indice referenziale che non sta più fuori di noi, ma dentro, appunto non ex-siste, ma in-siste. Al contrario di Kant, qui  però di categorie ce n’è in gioco una sola, o meglio due:  quella della coscienza e quella dell’inconscio, ed è appunto questa doppia strada l’unica percorribile dalla nostra entità biologica di corpo e pensiero:  ovvero ammettere che noi siamo fatti di una coscienza, che appunto valuta, misura, più che altro si serve di un linguaggio per nominare tutte le cose e così facendo le cataloga secondo dei principi di condensazione logica, ma siamo anche fatti di un inconscio, che non nomina, ma accenna, non condensa alcun significato connesso alle cose del mondo esterno, ma piuttosto trascina i significanti, ovvero non le sole parole, bensi tutto il vissuto, tutto il sentito di una e anche di più vite.Nella prima accezione non è possibile addivenire ad una netta separazione con la cosa esterna,  perchè tutto  fin dal primo apparire della vita e vieppiù con l’inizio della vita animale nella specifica umana, e’ relativo al di fuori di noi ed è questo referente che costituisce il termine di paragone e rassomiglianza con cui costruire nuovi termini e quindi nuovi significati, ma e’ diverso se invece  prendiamo in esame la seconda accezione, allora
non è più tanto l’esterno che costituisce il paradigma, quanto l’interno, ovvero tutto il proprio vissuto e anche quello precedente, la somma delle esperienze così come sono state incamerate  e che un individuo, ma anche un gruppo, hanno assimilato nel corso della loro evoluzione e sono in grado di trasmettere sia a sè stessi, che ai propri simili, che ai successori.  C’è da dire che se “il fuori da se”, il mondo, l’ambiente, le sue cose,  sono fortemente condizionanti del tipo di adattamento e di evoluzione cui l’entità biologica doveva far fronte per mantenere la sua “presenza” il suo essere in vita, l’interno di sè” delinea una differente modalità di funzione adattiva, ovvero è in grado di trascinare alcuni non più significati, ma significanti, non spiegazioni, ma prescrizioni, che non abbisognano di similitudini e paragoni bensì di ammaestramenti, un qualcosa che per un lungo periodo è di stretto supporto all’evoluzione, ma poi, come avremo modo in seguito di  dimostrare, se ne distacca. Per la prima si parla  di condensazione non a caso, in quanto è proprio  il meccanismo  del linguaggio che appuntandosi su tutto quello che costituisce il suo ambiente, nomina cosa per cosa e nominando fa paragoni, similitudini, fino a costituire tutta una serie di analoghi  che gli consentono di muoversi con sempre maggiore padronanza in un mondo, una terra che per la verità non lo conosce, lo ignora ed è  del tutto indifferente alla sua presenza. Nominando il mondo, le cose del mondo, condensando significati attraverso paragoni, per i quali possiamo adottare la denominazione che la linguistica fa di tale funzione ovvero la parola greca “μεταφορά,= metafora”” dal verbo “phero” che significa portare e il prefisso “meta’” che significa “con, insieme”,   l’uomo conosce sempre “più mondo “  Per la seconda però non possiamo utlizzare lo stesso parametro, perchè ciò che viene da  dentro di sè e non da fuori, non condensa significati, ma trasmette significanti ovvero non è una metafora, ma è una μετωνυμία = metonimia, ovvero un termine composto sempre dal prefisso  metà, qui più nel senso di  "attraverso/oltre" e ” = "onoma” = nome" ed è precisamente quel meccanismo che dà
 indicazioni sul da farsi, su come far fronte alle necessità, ai bisogni che un mondo non certo accogliente poneva costantemente di fronte, ovvero una funzione, meno circostanziata, meno sintomatica, ma parimenti importantissima, eminentemente simbolica (nel senso proprio del termine: che ri-mette insieme comportamento e ambiente) dove la somma di tutte le situazioni, tutte le esperienze si vanno a codificare in un qualcosa di analogale si, ma con caratteristiche di ammaestramento, un linguaggio anch’esso, ma profondamente diverso e con elementi di ineluttabilità, laddove l’analogia non è incentrata su acquisizioni di nuovi termini, messi in relazione dalla metafora, quel “ cosa è questo? bhe!...è come…” che opera per meccanismi di paragone e rassomiglianza, ma per prescrizioni di carattere comportamentale che è necessario che siano il più possibile categoriche: un linguaggio e quindi una  voce si, ma una
voce un pò particolare, un “sentito dire”  non scandito da parole del linguaggio articolato, ma piuttosto trasmesso da  norme , ammaestramenti, ovvero una voce con carattere allucinatorio, non portata da apparati fonetici, ma evocata mentalmente da una diversa  formazione neuronale del cervello  che si assume il compito di sostituirsi  a quella ordinaria quando sono in gioco fattori di sopravvivenza, con caratteri di immediatezza dell’individuo e del gruppo. Una  componente allucinatoria che e’ resa necessaria dal carattere prescrittivo  del messaggio, che non può limitarsi al fatto di essere “ab-udito=udito”, ma deve essere “ubbidito” cioè  “ob-audito :  ovvero non  un nuovo termine che arricchisca il linguaggio articolato, ma  un suggerimento, una prescrizione, una norma che non può essere elusa, una sorta di imperativo categorico, che non abbisogna di spiegazione, ma di esecuzione, pronta esecuzione:  “vai a costruire quell’argine!” “porta arco e frecce quando ti indentri nella foresta!” “lascia delle tracce nel tuo cammino!”, un qualcosa che solo una voce allucinatoria, che promana però dal profondo della tua mente, può importi. Possiamo ragionevolmente sostenere che se l’uomo con la metafora conosce più mondo, con la metonimia ci si muove meglio.


martedì 12 novembre 2024

GOCCIA E ONDA

 

Sembra che la materia o meglio le particelle elementari di cui è composta, elettroni, atomi ma anche molecole, non esistono in quanto tali, ma hanno una tendenza ad esistere. Questa loro tendenza che potremmo anche definire energia è rappresentata da una funzione d’onda, descritta matematicamente. Quest’onda, non è un’onda come la si può intendere nella fisica classica, la fisica newtoniana, ma un’onda di probabilità, che indica un numero infinito di caratteristiche che la particella in questione può avere, in termini di velocità e coordinate spazio-temporali. Si dice allora che si trova in uno stato di sovrapposizione quantica, nel senso che tutte le sue possibili esistenze si sovrappongono in un numero infinito di possibilità.  Diciamo che possiamo definire questa tendenza ad esistere come vita e dare alle infinite possibilita' in essa contenuta  la forma di una goccia d'acqua. Il percorso che porta la goccia  da una nube alla distesa marina ha sempre un che di procelloso ed anche di paura che costituisce il rivestimento della goccia e che può appunto essere inteso come il processo della vita stessa, ma poi quando essa si congiunge con il mare, allora non conta più né rivestimento né paura, ma la goccia si è con-fusa nella distesa marina e la sua essenza e' solo l'acqua: focalizziamo la nostra attenzione  su quell’ infinitesimo rivestimento esterno, neppure palpabile,  che ha un correlato con il nostro essere al mondo nelle sue componenti di percorso di vita con tanto di impressioni, positive, di viaggio, di traiettoria sempre obbligata ma pur tuttavia differenziata, che da adito  a un integrale sui diversi cammini per dirla con Feynman. Il concetto di differenziato mi fa tornare in mente uno dei più grandi dei filosofi Julius Evola e il suo uomo in "cavalcare la tigre" ovvero l'uomo che persegue la tradizione pur senza disporre di una tradizione, ecco come piu’ volte lo stesso Evola ha affermato "l'uomo differenziato e' un tradizionalista senza tradizione" : colui cioe’ che si ribella contro il mondo moderno non in quanto portatore di una

particolare ideologia, o identita’ conoscitiva, ma  in quanto negatore  in toto dell’essenza stessa della modernita’. Recentemente il filosofo Aleksander Dugin ha ripreso questa figura evoliana del tradizionalista senza tradizione, dandogli l’epiteto di “Soggetto Radicale” che in sostanza ha la  stessa matrice  di rapportarsi con la tradizione , una matrice cioe’ non esterna suffragata da fatti, eventi, idee, ma interna, ecco viene da dire:  non ex-sistente, ma in-sistente , che promana dal se’ interiore dell’individuo differenziato, che non si limita a negare la modernita’ e rifarsi alla tradizione ma la crea da dentro di se’ in special modo quando essa e’ del tutto assente non solo dal piano del presenta, ma anche da quello del passato. Ecco perche’ di certo un Evola, e lo stesso dicasi per un Dugin e molte altre figure di pensatori non uniformati al pensiero dominante liberalista e sinistrorso ovvero Guenon, Heidegger, Eliade, Pound, De Benoist. etc.
pensatori che non hanno mai avuto un riferimento programmatico con un dato periodo o  una data ideologia, e non si sono mai identificati con nazismo, fascismo, comunismo che sia. Questa loro non appartenenza e differenziazione nel contempo che diviene aderenza ad un mondo non reale, ma solo immaginario  e’ molto piu’ problematica e difficile, soprattutto concettualmente ed ha dei correlati con una delle scienze apparentemente piu’ distanti dal  pensiero tradizionalista : la fisica quantistica. Sembrerebbe infatti di trovarvi una sorta di manuale d’uso in relazione appunto alle diverse possibilità di quell'integrale sui cammini di Feynman, sopra citato  che non segue solo una particella, ma anche un'onda, un flusso (flussione era l'epiteto originario del calcolo infinitesimale di Leibniz che faceva leva su di una sorta di "vis viva" promanante dall'interno di sé (in-sistente) e non dalle cose esterne (ex-sistente) come voleva Newton nella sua versione del calcolo infinitesimale. Tutto questo per affrontare l'altra flussione tutta in negativo che porta ad integrare il percorso della paura , più o meno indotta da mascalzoni, di cuispecie i tempi d'oggi ci danno tanti campioni, internazionali come Soros, Gates, Fauci, Schwab
e relativi servi, cui purtroppo la nostra nazione ha offerto tanti esempi. La paura è la possibilità più penalizzante del cammino della nostra goccia, che in verità non dovrebbe curarsene, perché il suo thelos è sempre quello di confondersi nella distesa marina e quindi partecipare della sua essenza, l'infinitesimale che noi possiamo calcolare anche tenendo conto della possibilità di proiettare tutti gli elementi di negatività (numeri negativi -1, -2, -3,....-n = i.) e quindi istituire il registro dell'immaginario. Potremmo quindi definire questo assunto della tradizione senza tradizione  la “nostalgia ontologica fondamentale” essa difatti non si basa su nulla, esprimendosi solo  nel rifiuto radicale  del mondo moderno in tutte le sue manifestazioni Un individuo a tal punto differenziato, constata di trovarsi in una decadenza talmente pronunciata, in una oscurita’ cosi’ fitta, che non avendo, ne’ trovando  nulla  che lo
sostenga in tale posizione , deve voltarsi verso se’ stesso , alle profondita’ del suo essere, ed e’ in questo cammino che incontra la goccia che cade verso il mare con la sua forma particolare, con la sua massa, con la sua velocita’, con la sua essenza  che riflette uno stato di smarrimento e di vera e propria paura, cui hanno concorso molteplici fattori, ambientali, naturali, ma anche sociali, come abbiamo gia’ rilevato. Evola, si esprimeva in termini di differenziazione che potesse veicolare questo volgersi verso le profondita’ di se’ stesso, Dugin si rifa’ ad una interpretazione tradizionalista della filosofia di Martin Heidegger  facendo leva  sille figure del “Selbst” (se stesso) e del “Dasein” (esser-ci) io mi ci provo a ricorrere al calcolo infinitesimale leibniziano utilizzando numeri immaginari e la  fisica quantistica che cerca di interpretare i cambiamenti tra “stato” e “flusso”  tipo l’integrale sui cammini di Feynman ma anche quel famoso collasso dell’equazione d’onda  (De Broglie, Dirac, Schrodinger) che puo’ benissimo essere trasferito a questo post modernismo (accettiamo in questo la differenziazione Duginiana  tra pre moderno, moderno e post moderno come sorta di tappe della decadenza umana) e auguriamoci che il collasso possa essere trasferito anche e soprattutto all’attuale stato dell’umanita’ che si compone di sempre piu’ terribili minacce alla nostra liberta’ e alla nostra stessa vita . Quando la goccia raggiunge e diventa mare, entra cioe’ nella sua vera essenza non c’è piu’ alcuna ragione di avere paura.

IL MALE VIEN DAL MARE

  Mi sono sempre chiesto se ci sia qualcosa o qualcuno, che possa essere indicato come il  responsabile e anche all'origine dell'att...