martedì 9 aprile 2024

LA RIVOLUZIONE FRANCESE E LA MASSONERIA

 

Di certo non lo leggeremo mai nei libri di scuola e neppure nelle pagine dei piu’ accreditati studiosi della Rivoluzione Francese, tutti piu’ o meno osannanti del grande evento e sempre piuttosti concordi nell’indicarla come il piu’ straordinario movimento di popolo contro una tirannia, addirittura un qualcosa da prendere a modello per una storiografia della presa di coscienza di grande masse all’insegna del motto Liberte’, Egalite’. Fraternite’ : Slogan  piu’ che famoso, considerato come antesignano e  altamente rappresentativo dello spirito libertario e di giustizia sociale, che però a ben vedere  non e’ affatto uno slogan coevo ai fatti del 1789 e conseguenti, ma risale a piu’ di quarant’anni prima e in ambito di quelle logge massoniche di cui nell’articolo precedente abbiamo cercato di attribuire se non proprio la paternita’ in quella meta’ del XIV secolo con la prima grande pandemia di peste, perlomeno una potente volonta’ di stravolgere il mondo a proprio beneficio e consumo, con l’affinarsi e il moltiplicarsi dell’influenza del denaro e del mercato nella prassi delle relazioni sociali

Conosco una sola robusta  eccezione al generale panegirico sulla Rivoluzione francese fatta da da un eminente studioso: quella di Guglielmo Ferrero,  lo stesso che ha ridimensionato drasticamente l’intervento del giovane generale Napoleone Bonaparte nella prima campagna d’Italia del 1796/97,  e si tratta di 
uno scritto  che perviene alla tesi che le rivoluzioni francesi furono due. La prima, quella del 1789 cercò di coniugare il principio di legittimità monarchico con le nuove aspirazioni di cambiamento sociale, la seconda, che culminò con la rivoluzione giacobina del 2 giugno 1793, si propose di abbattere violentemente la monarchia e di sostituire il principio monarchico con quello repubblicano. Due rivoluzioni di natura diversa, l'una creatrice, l'altra distruttrice si realizzarono contemporaneamente: la prima rivoluzione scrive Ferrero è nata dal movimento intellettuale del secolo XVIII, ovvero l’Illuminismo, la seconda è figlia della Grande Paura, che abbiamo gia’ riscontrato a proposito delle pandemie e che ritroviamo in diversa veste con le rivoluzioni
  La paura, “anima dell’universo vivente”, è un pilastro portante della concezione di Guglielmo Ferrero della natura umana e della dimensione sociale e politica degli uomini e che oggi più che mai a proposito dell'attuale distopia ingenerata dalla farsa di una immotivata pandemia (un vero e proprio terrorismo sanitario)  Muovendo da una paura ancestrale l’uomo pre-logico perviene alla civiltà, una “scuola di coraggio” capace di dominare i terrori esistenziali e collettivi, ma la vittoria della civiltà è precaria perché la paura storica, corposa e tangibile accompagna sottobraccio le vicende degli uomini e in certi momenti, come il 1789, si impadronisce delle folle, delle Corti e dei capipopolo e in quanto passione cieca dirige gli eventi in direzioni imprevedibili e contraddittorie. La paura, “il pazzo terrore”, assurge in Ferrero a funzione di vero motore della Rivoluzione francese: una interpretazione originale dell’Ottantanove, refrattaria a schemi precostituiti e di sorprendente attualità. L’analisi di Ferrero è del tutto estranea a una lunga tradizione politica e accademica di studi soprattutto francesi del primo Novecento, che ha codificato un’idea della rivoluzione in quanto «rivoluzione borghese», che ancora oggi rappresenta l’immagine più o meno consapevolmente condivisa nel sapere comune. Rispetto a tale immagine, il saggio appare come un’incursione indiscreta e dissacrante nel cuore di una chiesa richiusa su se stessa, che evita accuratamente ogni contatto con il mondo esterno, e custodisce gelosamente gli inutili segreti di un magistero isterilito. Ferrero e’ per cosi’ dire l’anima dotta, coerente e spassionata sul racconto della Rivoluzione Francese che ha creato un distorto e falsissimo immaginario collettivo su di essa: noi cercheremo di fare qualche passo avanti, magari rinunciando ad un impianto forse un po’ troppo filosofico, ma preferenziando le cronache dei fatti , cercando di andare oltre il racconto accademico, non disdegnando di ricorrere a fonti e opinioni tra  le  piu’ ardite e controcorrente, forzando conformismo e luoghi comuni, fino al rischio di venire additati con un termine,   che oggi nella grande mobilitazione di mass media di tutti i generi per avallare l’attuale distopia, e’ entrato prepotentemente nel lessico comune. ovviamente con forte accento dispregiativo un moderno "crugifice-crucifige” a rinnovo degli antichi anatemi : COMPLOTTISTA.   Anzitutto c’e’ da dire che per quanto assai lodevole possa essere giudicato il diverso punto di vista  di Ferrero, esso da’ per scontato un primo impulso della Rivoluzione, quello direttamente riconducibile allo spirito
dell’Illuminismo, degno di rispetto ed ammirazione, quando invece anche questo mostra inquietanti correlazioni con quella parte di borghesia emergente sotto il profilo dell’interesse commerciale; un interesse  che ha cominciato a stringersi in sette, denominate Logge riprendendo  un rituale antichissimo risalente addirittura alle consorterie di maestri muratori di piu’ di mille anni prima dell’era cristiana. Va precisato che  il fatto di detenere la conoscenza dei principi della costruzione di antichi templi, ma anche di case, edifici e opere di ingegneria civile, era per quella lontana epoca un qualche cosa di talmente straordinario dal sconfinare col magico e difatti  tale consorterie di tecnici , si erano andate costituendo  in una sorta di classe sacerdotale, depositaria di conoscenze segrete ed esclusivissime . Tali i primi architetti la cui etimologia del termine “architetto”  la dice chiaro sul tipo di tecnica o conoscenza in loro possesso  che viene da due parole  greche : Arche’  = inizio, principio, e Techne’ = conoscenza, abilita’ - quindi “tecnca del principio” come architetto, ma anche muratore, e quindi massone  (Libera Muratoria), ecco farsi luce la figura  del mitico Hiram-Abi, il grande architetto costruttore del tempio di Salomone, la cui
 uccisione da parte di tre allievi invidiosi del suo potere e della sua conoscenza, ricorre ancora oggi come figura allegorica nel rituale massonico. La leggenda vuole che il lavoro  del tempio stava per essere ultimato, ma i suoi diretti sottoposti ancora non avevano appreso del tutto i segreti del maestro Hiram. Tre di questi allievi, di piu’ efferata natura,  decisero di farseli a forza rivelare: si posizionarono alle entrate sud, ovest ed est del tempio e attesero che il maestro costruttore Hiram passasse di li’ allo scoccare delle ore 12, com’era sua consolidata abitudine. Dalla zona est del tempio,  Hiram  si diresse verso sud e fu affrontato dal primo “traditore”. Al suo netto rifiuto di rivelargli i segreti di maestro muratore  il primo degli allievi cospiratori lo colpì con un regolo a piombo sulla tempia destra e lo fece prostrare sul ginocchio sinistro. Barcollando Hiram raggiunse la porta ovest e si imbattè nel secondo “ammutinato” che gli rivolse la stessa richiesta ; alla negativa risposta di Hiram questi lo colpì con una livella alla tempia sinistra facendolo cadere sul ginocchio destro. Hiram si diresse quindi verso est, e qui trovò il terzo furfante che gli rinnovo’ la domanda avendone un ulteriore rifiuto, a seguito del quale  lo colpì sul volto  con un maglietto. Così morì Hiram Abif, maestro massone  e costruttore del Tempio di Salomone. In quel momento i tre ribaldi si resero conto di quello che avevano fatto e, dopo aver seppellito alla meglio Hiram, si diedero alla macchia. Salomone mandò i restanti compagni d’arte alla ricerca del maestro dividendoli in tre gruppetti; uno tornò senza aver trovato niente, un altro trovò il corpo seppellito, il terzo s’imbattè negli scellerati assassini, che ovviamente furono puniti con la morte, ma i segreti andarono perduti. Così  per colpa di tre individui che stanno a simboleggiare, di volta in volta, la corruzione, l’ambizione, l’ignoranza, l’architetto “ colui che deteneva  la “tecnica del principio” ha portato nella tomba i suoi segreti ed ecco perchè per riaccendere lo spirito di  tali segreti, l’architetto dovra’ essere un uomo di mestiere e di lavoro pratico (muratore) ma nel contempo essere uomo di intelletto e di studio (di antiche lettere), cosi’  come il famoso architetto Adolph Loos, tra i padri riconosciuti della Architettura moderna, decreto’ in una sua  suo famosa frase “l’architetto e’ un muratore che ha studiato latino” Tutta la simbologia della uccisione di Hiram e’ stata ripresa e adottata dalle Logge massoniche inglesi e di tutto il mondo:  le direzioni del cammino di Hiram attraverso il Tempio, con i relativi ferimenti, la  tempia destra, il ginocchio sinistro, il regolo, la  livella, il maglietto, così come gli stessi simboli grafici, del compasso,  della squadra, dell’occhio, della stella a sei punte che fanno parte intrinseca dell’immagine della Massoneria, e   financo  l’ora di mezzogiorno rientra nel rituale massonico, difatti ancora adesso tanti lavori massonici iniziano a mezzogiorno, e  anche la cerimonia d’insediamento dei Presidenti degli Stati Uniti avviene a mezzogiorno. Prendere tutto l’armamentario di una così antica consorteria, il rituale, i simboli grafici, spaziali, financo temporali costituisce difatti una sorta di patente di credibilita’ per una classe in veloce emergenza quale quella borghesia del XVIII secolo che cominciava a sentirsi “Illuminata” e in quanto tale confortata appunto da una corrente filosofica che si rifaceva ai lumi della ragione : l’illuminismo. Ecco una delle prime Logge  massoniche sorte al di fuori dell’Inghilterra a Ginevra con gli auspici di Rousseau  divento’ il Centro del movimento rivoluzionario francese teso a rovesciare la monarchia e far trionfare gli ideali della borghesia commerciale cui non pochi esponenti di spicco si annoveravano anche tra eminenti aristocratici, primo fra tutti il famoso Filippo d’Orleans, futuro Re di Francia nel 1830, ma che all’epoca comincio’ ad essere apostrofato come “Philippe Egalite’ , proprio per la sua entusiastica adesione ai principi rivoluzionari, era anche  il Gran Maestro della Massoneria francese  e sembra che in quel luglio del 1789 fu proprio nella sua villa vicino Parigi che fu interamente progettata la Presa della Bastiglia
In proposito di tale epocale evento non vi prese parte  neppure un popolano, ma erano tutti rispettabili borghesi  che si erano suddivisi in 5 manipoli tutti capitanati da esponenti della Massoneria di graado medio alto, di cui addirittura e’ stato tramandato il nome : Santerre, Palloy, Fournier, Coconnier,  Marie, guardacaso ognuno a capo  di una Loggia. In quanto poi ai famosi prigionieri politici racchiusi nella Fortezza, ne furono trovati solo sette di cui per solo uno si poteva addurgli un qualche precedente di sovversione politica, altri quattro erano detenuti comuni e due degli squilibrati. Tutti, poi tutti i principali protagonisti della Rivoluzione, Marat, Danton, Robespierre, Sain Just erano confratelli massoni, così come massoni erano coloro che li fecero cadere in particolare quel Paul Barras che fu materialmente colui che pose fine al “Terrore” e colui che si invento’ la figura di Napoleone Buonaparte come sorta di normalizzazione in veste autoritaria del fenomeno rivoluzionario. Tutto falso, tutto artefatto, tutto rispondente sempre e solo all’interesse di pochi eletti che si avocarono il compito di muovere la storia, soprattutto il racconto che andava facendosi della storia.  Abbiamo trattato in numerosi precedenti articoli le modalita’ di compromesso e assoluta falsita’ con la quale fu fatto passare per genio militare un mediocre ufficialetto di artiglieria, che altro merito non aveva per assurgere al comando dell’armata d’Italia, di aver sposato la ingombrante amante di Barras, portandosi poi nella seguente campagna contro l’Austria in maniera a dir poco contraddittoria, quando non addirittura fallimentare , costantemente parato nelle sue ingenuita’ militari dai suoi molto piu’ esperti generali sottoposti Massena, Augereau e Serurier. Comunque sia anche Napoleone fu cooptato nella confraternita massone,  anche se bisogna riconoscere che ad un certo punto l’ambizione e anche la vanagloria personale,  ne fecero un elemento alquanto riottoso e poco affidabile; fu proprio in quel momento, quando imbaldanzito da alcune battaglie vittoriose, oggettivamente notevoli come Austerliz, Jena, Friedland, Ulm, prese  a fare di testa sua, e le cose cominciarono ad andare per tutt’altro verso : gia’ la battaglia di Eylau contro i Russi  nel gennaio 1807 che era stata vinta solo perche’ i francesi erano rimasti piu’ a lungo nel campo di battaglia, ma a prezzo di perdite spaventose , aveva mostrato al mondo intero che Napoleone era tutt’altro che invincibile, e di li’ a poco lo si vide nella lunga campagna di  Spagna, in un’altra battaglia carneficina come Wagram, una vittoria di Pirro,  che rappresento’ però il culmine dell’astro napoleonico;  difatti di poi ci fu la terribile campagna di Russia dove tutta la pochezza del cosidetto genio di Napoleone venne drammaticamente allo scoperto e quindi Lipsia, le battaglie ai confini del 1814 e infine il benservito di Waterloo. Oggettivamente Napoleone aveva si aderito alla massoneria, ma come detto non si era di certo mostrato un fratello affidabile:  si era , per così dire,  “montato la testa”  e aveva anche avuto il torto di definire “bottegaia” la vera patria della Massoneria, l’Inghilterra: ecco anche perche’ fu proprio un massone gran Maestro di una delle piu’ antiche Logge del regno, Arthur Wellesley, Duca di Wellintong che lo sconfisse definitivamente a Waterloo;  questo non tanto nei fatti storici  che probabilmente il merito della vittoria a rigore andrebbe piu’ al comandante prussiano Blucher il cui provvidenziale ritorno nelle fasi finali della battaglia con 30.000 soldati determino’ il collasso delle forze francesi (una Marengo all’incontrario, che non ha avuto bisogno della famosa frase di Desaix “una battaglia e’ perduta c’e’ il tempo di vincerne un’altra”) o anche al generale austriaco Radetzsky capo di Stato maggiore dell’intera coalizione alleata, che con il suo brillante piano aveva sbaragliato Napoleone a Lipsia due anni prima  e che ora ne ricalcava le disposizioni strategico/logistiche.    
Il punto e’ capire che sia la Rivoluzione che la sua propaggine pilotata del Cesarismo napoleonico degli inizi  costuivano uno  specchietto delle allodole per  mascherare l’odio inveterato della massoneria per la monarchia francese. Difatti quella borghesia “illuminata” che andava riconoscendosi nella Logge Massoniche , traeva molto del suo prestigio e lignaggio oltre che dal rituale di Libera muratoria del periodo precristiano,  anche da una della piu’ misteriose sette segrete del medioevo L’Ordine dei templari che giustappunto  il Re francese Filippo il bello soppresse cruentemente ai primi del XIV secolo, fino a far  bruciare sul rogo l’ultimo grande Maestro dell’Ordine dei templari Jacques De Molay il 18 marzo del 1314 
Al momento di salire sul rogo, Jacques de Molay, lancio una terribile maledizione: "Coloro che ci hanno condannato ingiustamente, saranno molto presto convocati davanti al Tribunale divino, e che la casa di Francia sia maledetta fino alla tredicesima generazione” Quattrocento ottantanove anni dopo nella stessa citta’ la ghihliottina si abbassa sul collo di Luigi XVI ed il boia Samson , manco a dirlo anche lui massone, nel mostrare la testa mozzata del re alla folla pare abbia pronunciato “Jacques de Molay sei vendicato!”  

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