lunedì 29 gennaio 2024

MASCHILE E FEMMINILE NELL'ORIGINE DI PRAGA


Praga ha una origine controversa dove non e' dato che
collocare con precisione il confine tra storia e leggenda. Gli studiosi non hanno dubbi, la origine di Praga è da accreditare ad un non meglio precisato signorotto locale che capì per primo l’importanza strategica di un sito collocato a ridosso dell’ansa di un fiume con un’altura prospiciente, a sua difesa e altre disseminate nei paraggi, e quindi trasferi’ la sua residenza . Il suo nome ? Duca di  Bořivoj (ammesso che Duca fosse il suo titolo), vissuto tra il IX e X secolo, rozzo, anzi rozzissimo, che mangiava con le mani e la sua reggia altro non era che una capanna fatta di tronchi, ma che oltre a quell’intuizione della migliore posizione sia per la difesa, sia per le possibilità di commerci, ne ebbe un’altra, forse addirittura più gravida di futuro: quella di convincersi a convertirsi al Cristianesimo.

IL BATTESIMO DI BORIVOJ
Il nome Praha, sempre per i nostri studiosi, sarebbe da addursi ad un storpiatura del termine “na praze” che significava disboscare un terreno col fuoco, cosa che indubbiamente fu necessaria, quando si dovette adattare la zona tra altura e fiume, quella che oggi è chiamata Mala Strana. Tutt’altra storia, personaggio, luogo (non l’altura a ridosso dell’ansa del fiume, ma assai più giù), e persino l’etimologia del termine Praha, che sarebbe “prah” che in ceco significa soglia, per la leggenda che pone invece una donna, o meglio una principessa e anche una profetessa come fondatrice della città, quella che a noi è arrivata col nome di Libuše, colpita da un ragazzo che stava intagliando appunto la soglia della sua casa . Libuše e Bořivoj, soglia o disboscamento con il fuoco, voi per quale optereste? Voi quale scegliereste se, diciamo, foste membri di una dinastia, come i Premysli, che solo da pochissimo era pervenuta alla dignità reale e aveva un fortissimo bisogno  di legittimare, anche con un’appropriata tradizione, il suo potere? da una parte un rozzo capo tribù, magari un tantino più avveduto e scaltro di altri signorotti locali, ma che mangiava per terra e con le mani e aveva una residenza fatta con tronchi di legno, dall’altra una dolce e avvenente fanciulla, ispirata profetessa che fa il verso a Virgilio nella formulazione della sua visione, “Urbem conspicio fama quae siderea tanget…” mostrando quindi una raffinata cultura.
LA VISIONE DI LIBUSE
Incontriamo la figura di Libuše che non si chiamava ancora così, anzi per la verità non aveva neppure un nome, ma era solo genericamente indicata come una profetessa, parecchio prima dell’anno mille, in storie e racconti popolari, la cui trasmissione di tipo orale era solo occasionalmente e assai confusamente tradotta in qualche scritto, ma è grazie ad un diacono dal nome Cosma vissuto nella metà dell’XI secolo, che il nome comincia a delinearsi, non come quello che è arrivato a noi, ma con quello di Lubossa, con tutta
 probabilità in associazione al nome di Matilde di Canossa, una donna assai famosa in quell’epoca e che il diacono, in numerosi passi del racconto, mostrava di conoscere molto bene. E’ indubbio che questa prima versione del mito fatta da una persona coltissima (futuri continuatori della storia, come ad esempio Clement Brentano, ammiravano la eleganza del tardo stile latino del suo “Cronica Bohemicarum”) in servizio presso la dinastia al potere in Boemia, i Premyslidi, risenta di un forte intento agiografico, difatti dare un nome alla protagonista del mito che si associasse ad una delle donne più celebri dell’epoca non poteva che rafforzarne l’impatto sulla immaginazione popolare ed in qualche modo lusingare quegli stessi sovrani, che, come si è detto, da non troppo tempo, erano passati da nobilotti di provincia al rango reale. La Lubossa di questa primissima versione del mito è alquanto contraddittoria: risente della cultura del suo autore, e riprende il tema della figlia più piccola contrapposta alle due sorelle malvagie (il padre Krok, figlio di Czech alla sua morte non aveva lasciato figli maschi), ma nelle sue ulteriori manifestazioni si mostra alquanto avversa al marito Premysl, che pure aveva scelto a seguito di una visione nella quale aveva visto un contadino tra l’aratro e due buoi chiazzati. Anche nella successiva visione dell’intagliatore intento a lavorare alla sua soglia, la fatidica “ prah” dove in una nuova trance sempre lei, aveva indicato dove sarebbe sorta la nuova città, c’è qualcosa che non torna: come mai i due personaggi (aratore e intagliatore) non erano coincidenti, e perché subito dopo il trasferimento da Vyšehrad ad Hradčany, invece di una idilliaca generale solidarietà, si era arrivati addirittura ad una guerra tra uomini e donne, la cosidetta “guerra delle fanciulle”? Sembrerebbe proprio che il diacono Cosma, ma soprattutto i Re Premyslidi che senza dubbio sovraintendevano alla stesura delle “Cronichae” ci tenessero a mantenere il mito ad un livello solo di accenno – non avevano potuto scegliere il rozzo Bořivoj e neppure qualcun altro Duca a lui successivo, come ad esempio il famosissimo Venceslao, perché oramai indisponibile per il ruolo di fondatore, date le vicende più circostanziate (contrasto con la madre, con il fratello, uccisione e persino canonizzazione) della sua vita, ed erano stati costretti a scegliere una figura femminile.
Il femminile è sempre più archetipo, più ancestrale del maschile, ed inoltre su di esso erano incentrate anche le tradizioni orali del luogo e quei pochi scritti precedenti, che alludevano chiaramente ad una profetessa – però era quanto mai necessario che una volta assolto al suo ruolo, diciamo così istituzionale, uscisse velocemente di scena, lasciando spazio ai degni rappresentanti della dinastia Premyslide. 
Nella controversia tra storia e leggenda, ovvero tra Bořivoy e Lubossa, non c’è alcun confronto di popolarità e riscontro: il povero Bořivoy è pressocchè assente dalla tradizione nazionale e per trovare almeno una strada che lo ricordi dobbiamo inerpicarci per i saliscendi del popolare quartiere di Žižkov, il quartiere che deve la sua denominazione all’eroe Hussita Jan Žižka: è li che si snoda la lunga e contorta Bořivojova, una strada con costruzioni sul popolare e molte moltissime birrerie. Tutt’altra musica per la dolce Libuše, dove c’è un intero quartiere a ricordarla, il quartiere di Vyšehrad,! Libuše di cui non si contano le statue, i dipinti, le raffigurazioni su palazzi, sulle hall di alberghi, sui saloni di ristoranti. C’è pero da fare una precisazione: il Mito così come lo percepiamo oggi, nomina Libuše e non Lubossa la controversa protagonista delle Chronica Boemicorum del diacono Cosma. Sembrano differenze marginali, l’eliminazione di una “o” lo spostamento della “u” e la perdita di una delle due “s”, ma a queste sia pur insignificanti modifiche del nome tengono dietro radicali trasformazioni del personaggio che nel corso dei secoli ha perduto tutto il suo carico di ambiguità ed è divenuta l’attuale eroina a tutto tondo della tradizione. A cominciare l’opera di revisione era stato l’imperatore Carlo IV che intorno alla metà del ‘300 aveva incaricato un autore italiano di riadattarne il mito a proprio uso e consumo, si da offrire anche una sorta di omaggio per la propria adorata madre, la principessa Eližška, ultima esponente della dinastia Premyslide. Ad occuparsi di Libussa che già in quella prima revisione aveva perduta la “o” richiamo troppo esplicito a Matilde di Canossa, furono, nel corso dei secoli successivi, un numero altissimo di autori, persino esponenti di punta delle letterature germanica e austriaca del periodo romantico, come Brentano e Grillparzer, che oltre ad inserire irrevocabilmente il personaggio nella cultura ceca, riuscirono a farne una figura della tradizione mitteleuropea. E’ nella seconda metà dell’ottocento che il Mito si stabilizza ed assume anche la denominazione attuale Libuše; il merito principale non è da ascrivere, ad uno scrittore, storico, saggista o novelliere che fosse, bensi ad un musicista Bédrich Smetana. Smetana c’è da precisarlo, non era un uomo staccato dal contesto popolare e sociale del suo paese, che era all’epoca sotto il dominio dell’Impero Austro-Ungarico, né come l’altro grande compositore ceco Dvořak, interessato soprattutto a confrontarsi con le più avanzate tendenze europee in campo musicale: in lui gli elementi di riferimento ad un passionale patriottismo erano preminenti e si traducevano con facilità in composizioni enfatiche, celebrative. Una precedente dimostrazione di tale ispirazione, si era avuta nell’opera “Vtlava” che faceva parte di un ciclo intitolato “la mia Patria” (Ma Vlast), dove, oltre all’incondizionata accettazione da parte dell’autore, del mito completo con tanto di antecedente di Czech e l’assurdo storico di Vyšehrad precedente a Hradčany, la musica era al servizio del racconto e sottolineava con un ritmo maestoso, incalzante addirittura trionfale il punto in cui il fiume entrava nella piana di Praga.
Nell’opera “Libuše” non a caso scelta per l’inaugurazione del Nàrodnì Divadlo nel
 1881 e alla quale più che in ogni altra composizione resta affidata la fama di Smetana, quello stesso ritmo celebrativo e trionfale veniva trasposto dalla Rocca di Vyšehrad a quella di Hradčany e faveva da contesto alle ulteriori visioni profetiche della protagonista che come in una lanterna magica elencava i maggiori eroi della Nazione.Oltre alla storia e leggenda della sua origine, una città importante ha in genere, qualche connotazione particolare: Parigi è “la ville lumiere” Genova “la superba” Palermo è “felicissima”  Roma ha quella faccenda “delle strade”…Praga, è notorio è “la città d’oro!”  Perché Praga è detta “la città d’oro? Perché l’oro c’è per davvero! Una soffusa, impalpabile atmosfera dorata sembra come spalmata per la città, enfatizza i monumenti, le strade, gli scorci e asseconda il verticalismo dei tetti, delle proverbiali cento torri e delle guglie nere, che, con appena un po’ di immaginazione, si trasformano in aguzzi pennelli, pronti a ridisegnare in oro la tonalità del cielo. E’ la “Zlatà Praha” la Praga d’oro! l’origine di questa nomea è lontana ed ha riscontri precisi nella prassi costruttiva che fa seguito all’acquisito rango di capitale Imperiale, sotto Carlo IV alla metà del XIV secolo. Il famoso Imperatore difatti non era soddisfatto dell’affetto cromatico dei monumenti, delle statue, degli stessi edifici più rappresentativi, fatti tutti con la scura pietra locale, così poco appariscente, e cominciò a pretendere che le si desse maggiore visibilità corredando ogni opera con un particolare (una spada, un crocifisso, una corona, un vessillo, etc.), rigorosamente verniciato in oro. Un effetto cromatico davvero inusitato e di forte effetto (il contrasto nero-oro) che doveva divenire la peculiarità costruttiva nei secoli successivi, anche con il declinare della importanza storico-politica della città. C’è da dire che tale contrasto tende a farsi metafora di un contrasto molto più informante, quello che vede Praga non solo perdere il rango di capitale imperiale, ma divenire sempre più marginale rispetto ai grandi eventi e le trasformazioni d’Europa. Forse per questo la dorata atmosfera della città ha sempre più attratto, addirittura ammaliato, gli spiriti più sensibili, gli artisti, i poeti, i letterati, ma non ha mai esercitato il suo fascino sui più noti uomini d’azione. Per ogni Petrarca (che fu a lungo ospite di Carlo IV), per ogni Rodolfo II d’Asburgo e la sua pittoresca corte di alchimisti, per ogni Chateubriand, che sulla collina di Petrin si lasciava indurre a rifare il verso a Polibio dissertando sulle oscure ragioni che determinano l’ascesa e il crollo di grandi civiltà, per ogni anima gotica del periodo romantico che al cospetto della città si lasciava facilmente trasportare verso il magico, l’esoterico, c’è sempre stato un, Cola di Rienzo, che portava a Praga il suo spirito popolaresco dei rioni di Roma, un Federico II che dopo la conquista militare delle città non vi si trattenne più di una notte, un Napoleone Bonaparte che pur vincendo, nei suoi pressi, la più famosa delle sue battaglie (Austerliz) non prese neppure in considerazione la città, ed ancora in tempi più recenti, Hitler, Stalin, tutti più che indifferenti al fascino della “Zlatà Praha”. Non si vuole qui avallare la tesi dell’aut-aut, o tutto o niente: i versi del poeta Oscar Wiener che paragonava la città a una Salomè Tenebrosa “chi l’abbia vista una sola volta negli occhi, trepidi e misteriosi rimane per sempre vittima dell’incantatrice” diceva o di Kafka che la definiva “Mamička” mammina, ma con gli artigli – “era la più bella del mondo” dice Kundera nel suo romanzo più famoso “L’insostenibile leggerezza dell’essere” indotto a tale affermazione dalla vista della città che si coglie dalla collina di Petrin, così come “era più bella di Roma” nel poema “Vestita di Luce” di Seifert.
Praga può anche essere molto più “normale” di quanto si respira nelle pagine del famoso libro di Angelo Maria Ripellino “Praga Magica” – così alla corte di Rodolfo II c’erano artigiani, intagliatori di pietre, maestri di lavorazione dei cristalli, personaggi di solida concretezza come Brahe e Keplero e la celeberrima Zlatà Ulička (la straduzza d’oro) era in verità abitata più da questo tipo di persone, financo da lacchè e stallieri, 
che dai misteriosi alchimisti; per Mozart era un palcoscenico più caloroso di Vienna o Salisburgo, mentre  Goering
il famoso braccio destro di Hitler, ai tempi dell’invasione del 1939, si rallegrava con Ciano che non ci fosse stata resistenza “sarebbe stato davvero un peccato distruggere una simile bella città”  e in tal senso il nazismo mostrò di apprezzare molto più del successivo regime comunista il fascino conturbante della città, anche se certo con intenti dettati più dalla conquista e dall’assimilazione che dal semplice piacere estetico: nel 1942 uscì difatti dalle case di produzione germaniche un film, soffusa
 pellicola a colori, colonna sonora con le musiche di Smetana, vincitore tra l’altro della Coppa Volpi a Venezia, che cercava di tradurre la Zlatà Praha nella “Die Goldene Stadt” giustappunto “Praga la città d’oro

sabato 20 gennaio 2024

ANNA DELLE RIVERENZE E IL PIU' GRANDE TERAPEUTA DI OGNI TEMPO

L'origine dell'inconscio e' tutta europea, Freud, Jung, Ferecnzi, Adler…. ,  anzi piu' che europea proprio del bel mezzo dell’Europa, ovvero “Mitteleuropa” con la Felix Austria, Franz Joseph,  la Hofburg, la Marcia di Radetzsky, i valzer di Strauss , il Bieder Meyer, Thomas Mann e la Montagna incantata, già!, ma anche con la guerra 14--18 e “al di là del principio del piacere” che doveva rappresentare una sorta di condensazione di tutto il pensiero psiconalitico  identificandolo con la pulsione di morte, sempre ad opera del suo scopritore il viennese Sigmund Freud. Nel 1907 Freud assieme a Jung era stato invitato in america e se ne era uscito con una frase che era tutto un programma “non sanno che siamo venuti a portar loro la peste!”
però di inconscio in america si cominciò a parlare solo dopo la guerra, più che altro per negarlo in nome di un pragmatismo che aveva una certa rispondenza nella cultura e mentalità statunitense e traeva ispirazione dalle opere di Ralph Waldo Emerson, prendendo i suoi maggiori teorici in Charles Sanders Peirce e William James e nel filosofo e 
pedagogista John Dewey, che chiamò il suo pragmatismo “Strumentalismo”. Fu l’arrivo nelle università americane di emigranti d’eccezione come Karen Horney e Frieda Fromm-Reichmann, che diffusero seriamente la nuova scienza negli Stati Uniti,  ma il primo nome squisitamente autoctono che viene fuori è quello di Harry Stack Sullivan, cofondatore proprio assieme alla Horney, della Scuola psichiatrica di Washintong, dove più che all’inconscio, l’accento veniva posto nella situazione
interpersonale del soggetto e in una più pronunciata interazione medico-paziente. Sullivan è considerato il più importante esponente di quella 
concezione interpersonale della psicoanalisi che si rifà più ad Adler che a Freud e che influenzerà moltissimo proprio quella maggiore pragmaticità che anche negli anni avvenire sarà una sorta di costante della psicologia statunitense. Il famoso Mental Research institute of Psicology di Palo Alto, diretto dal grande studioso inglese Grigory Bateson che a partire dal 1939 a causa della guerra si era trasferito negli USA, rimanendovi fino alla morte, ne è stato forse il momento più elevato “La scuola di Palo Alto” sarà uno dei momenti più esaltanti della cultura e terapia post freudiana che giustappunto trovò nuovi approcci
LA SCUOLA DI PALO ALTO
alla problematica della malattia mentale, non solo nell’accezione delle nevrosi, ma anche nel campo della psicosi che lo stesso Freud aveva considerato “fuori bordata” – i collaboratori di Bateson, nonche fecondi autori e terapeuti, Weakland, Haley, Watzlavitch, ridisegnarono tutta la mappa dell’intervento terapeutico, correlandovi giustappunto quel certo spirito di pragmatismo ovvero di verificabilità dei risultati, che si avvaleva altresì di veri e propri maghi della terapia come Virginia Satir, ma sopratutto come Milton H.Erickson. Non a caso Bateson
 inviò  da Erickson nel suo oramai leggendario studio di Phoenix, i suoi più brillanti collaboratori per studiarne e apprenderne le tecniche sul’approccio dei pazienti e sulla metodologia dei suoi interventi il cui pieno successo aveva dell’incredibile. Per la verità Milton Erickson, sebbene fosse laureato in psichiatria differiva in toto da tutta la prassi terapeutica europea e anche americana e soprattutto non faceva parte di nessuna scuola e di nessun indirizzo. A livello quasi personale aveva studiato profondamente l’ipnosi e aveva elaborato sue tecniche personalissime che più che a un medico lo facevano assimilare ad un “guru” ad un mago infallibile, difatti curava tutti e lo faceva con una semplicità disarmante, storielle apparentemente irrilevanti, una stretta di mano, un’occhiata di traverso, tanto bastava perché un paziente affetto da decenni da una determinata turba, ne uscisse guarito nel proverbiale “battito di ciglia” Ovvio e naturale che i brillantissimi studiosi di Palo Alto ne risultassero sconcertati e cercassero chi più chi meno di sistemizzare la sua prassi terapeutica L’etichetta di padre dell’ “approccio strategico alla terapia” gli fu data da Jay Haley, altri ne cercarono di replicare alcuni suoi magistrali interventi, e dato che lui, pur scrivendo parecchio, non aveva mai sistemizzato in modo organico le proprie teorie e tecniche, provvidero loro a analizzarle e organizzarle, tant’è che la maggior parte dei libri di Milton Erickson sono in realtà trascrizioni, registrazioni di sue lezioni, di suoi interventi, fatte appunto da questi eccezionali allievi (il già citato Jay Haley, Ernest Rossi, Jeffrey Zeig, Paul Watzlavitch e non ultimi gli ideatori della PNL (Programmazione Neurolinguistica) Richard Bandler e John Grinder che proprio dal sistematico studio della sua terapia trassero ispirazione per la loro nuova scienza.   Milton Erickson, proprio come tutte le persone che dispongono di qualche peculiarità fuori dall’ordinario, traeva la sua straordinaria efficacia anche da oggettive deficienze fisiche : fin da giovanissimo aveva sofferto di problemi neurologici  -  era nato con alcuni deficit sensoriali come amusia o sordità tonale (cioè incapacità di apprezzare e cogliere l’armonia dei suoni musicali), dislessia e un grave daltonismo, che gli permetteva di apprezzare veramente il solo colore viola; inoltre soffriva di allergie e si ammalò due volte di poliomielite (da ragazzo nel 1919 e da adulto nel 1952) rischiando di morire, e questa malattia gli lasciò un’ulteriore disabilità fisica: l’atonia muscolare e un’aritmia cardiaca Contro la prognosi dei medici che, una volta che uscì dal coma, affermarono che sarebbe rimasto paralizzato, a 17 anni, dopo il primo attacco di poliomielite, Erickson riprese a camminare e a parlare, ma passò gran parte della sua vita zoppicando, facendo prima uso di un bastone o delle stampelle, e infine di una sedia a rotelle, data la progressiva paralisi delle gambe e di un braccio che si manifestarono dopo i 50 anni In età matura soffriva per terribili dolori, soprattutto negli ultimi anni della sua vita (morì a 78 anni), per cui doveva far uso di antidolorifici e aiutarsi con l’autoipnosi. In verità tutte queste disgrazie contribuirono eccezionalmente alla sua crescita interiore e al suo sviluppo come professionista poiché, imparando a guarire prima sé stesso, divenne infallibile nel guarir e gli altri.

Gli 
esempi di trascrizione dei suoi interventi sono disseminati, come detto, in moltissimi libri, “Phoenix”, “l’uomo di febbraio” e la trascrizione da registrazioni di suoi interventi in grandi volumi numerati, ma uno dei più straordinari è anche quello dal titoli più accattivanti, un titolo che esso stesso un’induzione ad apprendere, a cambiare, a guarire, previa una continua “se-duzione” : “La mia voce ti accompagnera’ ” e lì che si può seguire una serie di straordinari interventi, che  vale la pena di seguire passo passo le modalità per constatare  come il grande terapeuta arrivava sempre, con una facilità disarmante, ma anche con una genialità che aveva sempre qualcosa di magico a risultati utili; si tratta di un pezzo apparentemente banale, ma che pure contrassegna in pieno, la tecnica di induzione indiretta con la quale di volta in volta Milton effettuava un intervento: anche la titolazione di questo episodio è estremamente suggestiva e sembra che poco abbia a che fare con una terapia “Anna delle riverenze” .... comincia così ”nella mia classe (è Milton che parla) c’era una ragazza che era stata in ritardo a tutte le lezioni al liceo. Era stata richiamata dagli insegnanti, e aveva sempre promesso con molta grazia che la volta successiva sarebbe
arrivata in orario. Fece tardi a tutte le lezioni al liceo, eppure aveva sempre ottimi voti. Era sempre così piena di scuse, così piena di credibili promesse. All’università, a tutte le lezioni fu in ritardo, redarguita per questo da ciascun istruttore e professore. Lei scusava sempre con grazia e sincerità, prometteva sempre di fare meglio in futuro, e continuava a fare tardi. E aveva sempre ottimi voti all’università. 
Il mio primo giorno” spiega Milton ” arrivai alle
 sette e mezza per la mia lezione delle otto e tutta la classe era lì che aspettava, tra cui Anna, la ritardataria, così alle otto tutti in fila entrammo in aula, tutti eccetto Anna. Su ogni lato dell’aula c’èra una corsia di passaggio. C’era un passaggio sul dietro dell’aula, e un altro sul lato ovest. Gli studenti non ascoltavano la mia lezione, ma guardavano tutti verso la porta. Io, parlavo tranquillo, e quando la porta si aprì, molto dolcemente , delicatamente e lentamente, Anna fece il suo ingresso, con venti minuti di ritardo. Tutti gli studenti fecero uno scatto con la testa e guardarono verso di me. Videro il mio segnale per farli alzare e tutti capirono il mio linguaggio. Per tutto il tempo che Anna impiegò per andare dalla porta opposta di fronte all’aula, traversando tutta la parte posteriore, poi a metà per il lato opposto e sedersi, in un posto della parte centrale, io le feci le riverenze. E tutta la classe, in silenzio, le fece le riverenze lungo tutto il tragitto. E alla fine della lezione, ci fu una selvaggia corsa all’uscita. Anna e io fummo gli ultimi a lasciare l’aula. Io presi a parlare del tempo a Detroit, o di argomenti del genere, mentre camminavamo giù per il corridoio, e intanto un usciere le fece una muta riverenza; alcuni studenti dei primi anni vennero nel corridoio e silenziosamente le fecero la riverenza; il preside si fece sull’uscio del suo ufficio e le fece una riverenza; per tutta la giornata, la povera Anna venne in silenzio riverita. Il giorno dopo era la prima in classe, e lo fu da allora in poi. Anna aveva sopportato i rimproveri del preside, i rimproveri di tutti i professori, ma le mute riverenze, quelle non le poteva sopportare, e divenne la persona più puntuale del Paese” .Si obietterà “ma questa non è una vera e propria nevrosi, è una piccola turba, un fastidio più che altro” Ecco proprio da questo, dalle piccole cose, cominciava la terapia Ericksoniana, lui aveva bisogno di piccoli indizi, che scopriva sempre con straordinaria perspicacia e da quelli trascinava il paziente dove voleva lui e dove stava la guarigione, dalla piccola fobia, alla grande, alla nevrosi financo alla psicosi, perché la sua massima era sempre quella “entrare nel mondo del paziente, seguirlo e poi, pian pianino o magari con una mossa ad effetto, spettacolare, incominciare a portarlo altrove. Insomma il canonico “ricalco e guida” alla base di tutti i fenomeni ipnotici e sistemizzato soprattutto dalle prime opere di PNL di Bandler e Grinder. Su ispirazione delle teorie di Erickson è stata realizzata in america, una serie di sceneggiati, protagonista Tim Roth, dove appunto veniva riportato questo tipo  di
terapia, unitamente al fatto, che Erickson era in grado di prevenire tutte le reazioni di una persona, precederla in ogni ragionamento, capire quando mentiva, indurgli confusione o amnesia, e muovendosi con consumata abilità tra i vari sistemi rappresentazionali, ovvero vista, udito, tatto, gusto, olfatto, passare da uno all’altro per indurre il cambiamento. Gli studi di Pragmatica della comunicazione della Scuola di Palo Alto, continuati anche dopo la morte di Erickson, soprattutto da Haley e Watzlavitch, da noi in italia dal prof.Nardone, i resoconti di alcuni dei suoi più assidui allievi e collaboratori citati Ernest Rossi e Jeffrey Zeig, ma soprattutto la PNL di Bandler e Grinder, rappresentano una sorta di possibilità, per noi oggi, di misurarci con forse il più grande terapeuta di tutti i tempi, che ironia della sorta non e' viennese e neppure europeo, ma paradossalmente americano

martedì 9 gennaio 2024

LA MASSONERIA COME ORIGINE DELLE RIVOLUZIONI

 La rivoluzione  inglese di Cromwell  non  puo' essere  considerata come precedente della Rivoluzione francese, con tutto che ci fu il fattore comune dell’esecuzione di un Re legittimo, questo perche' allora la borghesia commerciale inglese  non aveva ancora dato avvio alla ricostituzione della Massoneria, con la Gran Loggia d’Inghilterra, che avvenne solo nel 1717 con costituzione ratificata solo nel 1723; quindi a rigore non possiamo trovare gli inquietanti paralleli che appunto solo con la rivoluzione delle Colonie  Americane denominata Guerra d’Indipendenza e con la premessa strutturale della Rivoluzione Industriale e l’avvento dell’era delle macchine, possiamo considerare un effettivo precedente. V’e’ una premessa da considerare e tutto oggi,  specie con quello che abbiamo vissuto negli ultimi due anni di questo secondo decennio del terzo millennio,  ci induce a prendere  in assoluta,  imprescindibile considerazione, proprio parlando di  cio’ che attiene quella famosa revisione totale del racconto della storia.

“el pueblo unido jemas sara’ vencido” ci hanno ripetuto
  con slogan e anche in musica,  le sinistre ipocrite, costantemente nel libro paga delle diverse lobbies ipercapitaliste -  “il popolo unito giammai sara’ battuto !” ebbene possiamo sostenere, il tutto suffragato da tanto di documentazione storica di tutti i tempi, il netto contrario:  “giammai e’ successo che il popolo unito abbia vinto checchessia” -  se puo’ sembrare che il popolo  abbia qualche volta vinto , ecco come nella rivoluzione francese e nel suo precedente della guerra d’Indipendenza delle Colonie americane. oppure chessò durante il cosidetto Risorgimento Italiano, o nella Rivoluzione bolscevica, nella celeberrima Marcia su Roma delle Camicie Nere, o ancora nel crollo del comunismo sovietico, persino in  fenomenucci meno rilevanti tipo le Brigate Rosse con il celeberrimo rapimento di Moro o  Mani Pulite degli anni novanta in Italia,  e’ stato sempre e solo sotto commissione e strettamente pilotato da chi di dovere . Sorvolo di parlare di oggi dove la falsissima e gonfiatissima pandemia di un ridicolo coronavirus ha fatto da battistrada a una guerra contro l’avversario di sempre degli americani (eredi della bottegaia inghilterra)  e torniamo al nostro imputato piu’ rilevante : la massoneria : Come dice  Marco Pizzuti nel suo libro  “Rivelazioni non autorizzate”  libro da cui ho attinto molte informazioni qui riportate : “Le Rivoluzioni per avere successo devono poter contare  essenzialmente su due fattori : una struttura organizzata che si ponga alla loro guida  e i fondi necessari per realizzarle – nessuna ribellione allo status quo può durare a lungo  se non e’ stata prima ben congegnata  e poi generosamente finanziata da qualcuno” ; Così e’ stato per la Rivoluzione francese e così per tutte le cosidette rivoluzioni ante e post  cedenti, ma ecco,  con buona pace degli Inti Illimani non c’è stato mai alcun Pueblo Unido che abbia avuto successo in alcunche’. La guerra d’Indipendenza americana, che magari per noi europei non sara’ cosi’ significativa  e sconvolgente come quella francese, rappresenta pero’ il caso piu’ probante per valutare come l’influenza di pochi  cosidetti eletti sia sufficiente per imprimere un diverso corso alla storia.
C’è anche da aggiungere che siamo nella prima emanazione di effettivo potere della confraternita massone, ovvero di quella borghesia commerciale emergente, che in Inghilterra stava divenendo piu’ potente della stessa Casa reale e dello Stato da lei rappresentato; favorire nella fattispecie della colonia americana una societa’ ancora non consolidata, si da poterle imprimere il proprio sugello distintivo , un sugello a carattere eminentemente commerciale, addirittura al di sopra dell’autorita’ statale, poteva rappresentare davvero una escalation
   di potere assoluto al di la’ di ogni legge e di ogni convenzione, vieppiu’ rafforzato dal fatto di favorire non una compagine sociale gia’ strutturata, ma in fieri , con lo status addirittura di colonia, una colonia che nelle intenzioni dei finanziatori e ideatori della rivolta, doveva rappresentare una longa manus della propria influenza e con un potenziale di implicazioni praticamente illimitato. Da qui deriva il fatto della massiccia  presenza  di uomini della Massoneria in tutte le fasi della guerra , presenza che si avvaleva anche di figure autocne ovvero massoni americani, accreditati dalla madre patria inglese giustappunto ad assolvere ai compiti prestabiliti. Si hanno  prove certe dell’esistenza di logge massoniche in territorio americano gia’ dal 1720 e queste cominiarono a diffondersi anche nelle file dell’esercito di occupazione inglese, in ispecie tra ufficiali di alto grado, tantè che intorno alla seconda meta’ del secolo mentre  le Logge americane andavano proliferando come i funghi , i legami di confraternita  tra le truppe regolari britanniche  e i loro colleghi coloniali si consolidavano velocemente  In questo contesto,  generali di ambo le formazioni come  Ligoner, Amherst, Putnam, Cornwallis,  Hove,  Nixon, Wooster, Washintong , Montgomery erano tutti,  anzitutto massoni. In quanto al tipo di  guerra che scoppio’ tra queste due, diciamo così fazioni , ma in realta’ univoca compagine,  non fu tanto vinta dai coloni americani quanto persa dagli inglesi, perche’ così doveva essere in partenza, così era stato stabilito in precedenza e nessuno,  quale che fosse la fazione cui apparteneneva , aveva la benche’ minima possibilita’ , e diciamolo, anche nessuna voglia,  di cambiare i termini della  partita. Ecco perche’ dobbiamo bandire ogni disquisizione militare da questa cosidetta guerra;  nessuna  tattica e nessuna   strategia possono spiegare il perche’ della debacle dell’esercito inglese rispetto a non meglio precisate bande di coloni, che tra l’altro non utilizzavano neppure tecniche di guerriglia proprie di popoli quando sono in netta deficienza strutturale e organizzativa, sfruttando magari paludi, foreste, terreni accidentati ; la maggior parte delle battaglie  si svolse infatti nei canoni delle classiche battaglie di campo europee, con assedi, scontri frontali, manovre, ma con un qualcosa di artefatto, di farsa,  come di un copione gia’ stabilito e c’è anche  da aggiungere che mai l’esercito britannico si trovo’ di fronte  un popolo  coalizzato contro di esso: la maggior parte dei coloni rimase legata alla madre patria inglese e furono davvero pochi coloro che si schierarono con gli indipendisti – pochi, ma come detto, ben determinati e con una  ideologia dominante che fungeva da collante, giustappunto la Massoneria. Massoni erano tutti i comandanti militari inglesi  e nel corso di tutta la guerra si portarono tutti allo stesso modo ovvero mettendo in atto una serie davvero incredibile di sabotaggi e  di inspiegabili rese, che permise agli insorti di vincere con estrema facilita’ – un qualcosa che a noi italiani ricorda molto la celeberrima Impresa dei Mille dove l’esercito borbonico si fece ripetutamente battere da un gruppuscolo di scalmanati e da un Generale che neppure conosceva la differenza tra tattica e strategia, solo perche’ i suoi comandanti  avevano gia’ contrattato la resa dei loro reparti, non tanto con il governo centrale rappresentato da Cavour e dal re Sabaudo Vittorio Emanuele II, quanto con le opportune Logge inglesi che avevano organizzato la spedizione con i finanziamenti di uno delle piu’ eminenti famiglie massoni e anche ebree : i Rotschild. Con il continuo affermarsi della prassi massone di accrescimento di potere tramite il denaro, cominciano anche ad emergere in seno alla Massoneria  personaggi specifici, quali appunto i membri della famiglia Rotschild o anche una figura di passaggio tra le due rivoluzioni come il Marchese De la Fayette 
La Fayette con Washintong
che fu tra i maggiori protagonisti di entrambi le rivoluzioni
   quella americana e quella francese, Maggior Generale sotto Washintong e comandante  della Guardia Nazionale Rivoluzionaria dal 1789 al 1791, ancora  Gran Maestro Massone lo stesso Washintong, vincitore della guerra d’Indipendenza e   primo Presidente degli Stati Uniti, persino un ex tipografo divenuto scienziato come Benjamin Franklin  che fu tra i promotori dell’Indipendenza americana,  era Primo Gran Maestro Massone dello Stato della Pennysilvania e manco a dirlo era amicissimo (diciamo piu’ opportunamente era confratello) sia di La Fayette che di Washintong Tornando all’Italia, di cui giocoforza essendo italiani abbiamo fatto cenno a piu’ riprese affrontando il tema delle pandemie e anche quello delle rivoluzioni, ebbene si probabilmente le nostre logge massoniche non hanno la stessa rilevanza e neppure lo stesso prestigio di quelle inglesi e probabilmente neppure di quelle francesi o americane, pero’ la Massoneria ha recitato anche da noi e da tempo immemorabile la sua ingombrante influenza. Non sto parlando di Logge piu’ o meno deviate tipo la P2 di Licio Gelli degli anni settanta del novecento, ma della massoneria piu’ rinomata, quella inglese di cui le nostre confraternite sono state sempre delle derivate con un altissimo grado di sudditanza. Chi fu a finanziare la campagna sia pure rovinosa di carlo Alberto nel 1848 contro l’Austria? C’è da chiederlo? Un esponente  della potentissima famiglie ebrea e massone dei Rotschild : il potere imperiale austriaco così come quello,  sia pure nella meta’ ottocento ancora frammentato,  della Germania,  sono stati sempre visti come il fumo negli occhi dalla Massoneria:  di certo per quel rifarsi ancora a quello spirito dell’Impero e per quel non volersi sottomettere al volere anche pseudo etico del denaro come collante di tutto. Se difatti leggiamo le pagine dei Buddendrock di Thomas Mann e vediamo la figura dei commercianti tedeschi, noteremo  che hanno delle caratteristiche molto differenti dai loro colleghi anglosassoni : accanto al denaro vi sono altri elementi tipo la signorilita’ l’onore, il decoro…insomma in qualche maniera siamo ancora in una accezione di eta’ dei guerrieri e solo con una certa riluttanza la etnia germanica e mitteleuropea e’ scesa a patti con lo spirito bottegaio tipico dell’ascesa dei mercanti . Insomma lo abbiamo detto anche Giulio Cesare indulgeva alla potenza del denaro, ma fino ad un certo punto, lui non sarebbe mai divenuto un Crasso e così un prussiano, un bavarese, un austriaco non sarebbe mai divenuto un inglese. La monarchia francese era stata come abbiamo visto eliminata e anche se dopo la rivoluzione era tornata in una accezione molto piu osservante del potere economico, tant’e’ che quando il Re Carlo X aveva manifestato tratti non in linea con le direttive del potere massone ecco che era stato fatto fuori nella solita maniera con rivolte ripo rivoluzione e al potere era salito quel Philippe Egalite’ che era stato favorevole alla decapitazione di Luigi XVI ed era un maestro massone di antichissima data. Cosi’ Napoleone III che doveva arrivare al potere prima come Presidente di una nuova Republica nel 1848 e poi come Imperatore ricalcando il suo famoso zio. E comunque i Rotschild tornarono a piu’ riprese nel finanziare il velleitario Regno di Sardegna specie quando al suo governo era salito il conte Camillo Benso di Cavour un docile esecutore delle loro direttive.
Così i Rotschild finanziarono per intero la ridicola spedizione in Crimea nel 1855 a favore di inglesi e francesi nella famosa guerra di Sebastopoli, per poi ammettere il piccolo Stato al congresso di Plombiers e stringere quindi la discussa e pochissimo onorevole alleanza con la Francia di Napoleone III. L’Imperatore francese ci mise faccia e proprie truppe in cambio di Nizza e la Savoia , ma a tessere le fila dell’intera operazione fu ancora una volta la Massoneria inglese, che smise di appoggiare l’intera campagna solo dopo la carneficina della battaglia di Solferino tra Francesi e austriaci
  e non certo dopo la scaramuccia di San Martino  con protagonisti i savoiardi dove solo nella nostra storia nazionale si mettono insieme le due localita’ quasi si fosse trattato di una stessa battaglia: meglio molto meglio finanziare la scalcinata spedizione dei mille capitanata dal noto brigante internazionale Giuseppe Garibaldi per la conquista di uno Stato da burla dove il capitale inglese controllava praticamente tutte le leve del  potere economico, ma anche militare, come ben si vide in tutte le fasi di tale campagna, dallo sbarco delle due navi di garibaldini di cui una si incaglio’ nel porto di Messina e solo l’intervento di una fregata inglese impedi’ che la flotta borbonica potesse profittare dell’occasione “ se una palla borbonica sfiora le vele di questa nave” fece sapere il comandante della fregata “voi siete in guerra con Sua Mesta’ la regina Vittoria” Stessa storia nella prima battaglia campale tra garibaldini ed esercito borbonico nella piana di Calatafimi. Il Gen. Landi che era stato comprato con piastre d’oro  turche ,  aveva assicurato che appena uno solo dei garibaldini avesse raggiunto il settimo terrazzamento della collina a fronte di Calatafimi,  avrebbe ordinato la ritirata dell’intero esercito  borbonico . Purtroppo questo settimo terrazzamento sembrava maledetto, perche’ non un solo uomo di tutta la compagine garibaldina riusciva a raggiungere tale obietttivo concordato per la ritirata dell’avversario  e questo non perche’ ci fosse un qualche fuoco di interdizione, ma proprio per la fatica di superare i diversi terrazzamento. Forse poteva riuscire qualcuno degli scavezzacolli arruolati  dal duo RosolinoPilo-Giovanni Corrao, nelle famose bande, poi denominate “picciotti” ragazzi giovani e forti foraggiati da una sorta di proto mafia, che però Garibaldi aveva disposto che attaccassero di lato, ripeto giovani forti e svelti di mano,probabilmente anche di gambe, ma totalmente digiuni  di guerra e combattimenti,  che malauguratamente per loro,  si  ritrovarono contro un reparto di uno dei pochissimi ufficiali che forse per il suo basso grado non era stato comprato, il Maggiore Sforza, il quale ordino’ il fuoco disperdendoli all’istante, Fu probabilmente a quel punto che Garibaldi pronuncio’ il suo famoso “Bixio qui si fa l’Italia o si muore “ Nino Bixio e’ stato spacciato per un generale indomito e coraggiosissimo; in effetti lo era , ma era anche un individuo collerico, severissimo coi sottoposti e anche sanguinario  - sembra che durante il viaggio da Quarto  avesse sparato in faccia ad un suo ufficiale che non lo aveva prontamente ubbidiuito e non e’  un caso se pochi mesi  dopo gli inglesi pretesero che fosse lui a guidare la repressione per dei fatti incresciosi accaduti a Bronte una cittadina sotto giurisdizione inglese (la ducea di Bronte di proprieta’ degli eredi dell’Ammiraglio Nelson ) dove la rabbia contadina sperando in una improbabile liberazione da servitù millenarie aveva ucciso alcuni notabili e proclamato la annessione  delle terre. 
Comunque sia, li’ a Calatafimi Bixio era comandante in seconda
  e dipendevano da lui i Colonnelli  dei tre settori centrali a fronte della collina, senza dubbio le parole di Garibaldi dovettero  spingerlo ad usare parole molto piu’ forti verso i suoi subalterni non scevre di tremende minacce, sicche’ in uno di questi settori finalmente un trafelato colonnello Sirtori raggiunse il fatidico settimo terrazzamento: come da copione scatto’ l’ordine di ritirata del comandante borbonico Gen. Landi  che aveva bellamente ignorato le richieste del maggiore Sforza di passare al contrattacco dopo lo sbandamento dei picciotti delle colonne laterali. Testimoni oculari, ovviamente  ignorati o messi a tecere,  riferirono che i soldati borboni piangevano all’idea di ritirarsi, imprecando contro i loro generali che impedivano loro di cogliere una sicura vittoria. Stesso copione per le fasi successive della campagna, che i libri di storia continuano a dirci gloriosa, ma che fu invece  dall’inizio alla fine una campagna sotto tutela della massoneria inglese che aveva tra l’altro in Sicilia tutta una serie di grandi famiglie di imprenditori, con le mani in pasta in vari settori commerciali:  l’estrazione dello zolfo, la commercializzazione del sale, tutta una serie di tonnare con locali e macchinari atti alla pesca e alla conservazione e inscatolatura del tonno con relativa spedizione in Inghilterra e persino negli Stati Uniti, grandi coltivazione di terreni agricoli con uliveti e vite  a scopo di diffusione di olio e vini e financo la produzione di uno speciale liquore fatto con uve della zona di Marsala, particolarmente gradito dagli anglosassoni in quanto molto simile allo Cherry : stiamo parlando degli Ingham, dei Woodhouse, dei Whitaker, i famosi “principi sotto il vulcano” che da numerosi anni, piu’ di sessanta,  al seguito della donazione  del re Ferdinando III Borbone, della Ducea di Bronte all’ammiraglio Orazio Nelson per ricompensarlo del soffocamento della Repubblica Partenopea, si erano trasferiti e stabiliti in Sicilia  e avevano avviato le diversificate attivita’ di cui fatto cenno.
Furono proprio questi “
  principi “tutti strettamente implicati nella Massoneria che cominciarono a lamentarsi con la Madre Patria dell’intrusione della famiglia reale dei  Borbone nei loro affari,  gia’ negli anni subito dopo il ’48: probabilmente e’ proprio da tali lamentele che comincio’ da parte del Governo inglese una vera e propria campagna denigratoria del regno delle Due Sicilie  che ebbe il suo clou nel 1851 in due  lettere scritta dal politico inglese William Gladstone  ad un suo collega parlamentare George Hamilton Gordon,  dove c’era quell’espressione “la negazione di dio eretta a sistema di governo” riferita appunto al Governo borbonico, che fece il giro del mondo e il suo eco non si del tutto spento neppure ai nostri giorni: era una frase che in realta’ si riferiva al sistema carcerario, ma non e’ questo il fatto importante, il fatto davvero importante  e’, che come qualche anno dopo lo stesso Gladstone in visita a Napoli oramai facente parte del regno d’Italia,  ammise,  che  tale frase  fu abilmente sfruttata dal leader liberale John Temple conosciuto come Lord Palmerson, che tra l’altro gli aveva  anche commissionato la stesura delle due lettere, per orchestrare una gigantesca campagna denigratoria del Regno delle Due Sicilie (per la cronaca Gladstone era stato si a Napoli  nel 1850, ma non aveva visitato alcun carcere e si era invece limitato a riferire delle livorose impressioni dei liberali napoletani a seguito dei fatti del ’48. Superflo sottolineare che tutti e tre i personaggi protagonisti di questa ante litteram “fake news” erano influenti Maestri Massoni.

I Principi sotto il Vulcano furono costanti interlocutori e consigliori (e detto per inciso qualcosa di piu’) durante la campagna di Sicilia, di Garibaldi e di tutto il suo Stato maggiore : Bixio, Sirtori, Crispi, La Masa, Turr, Corrao facevano la spola tra il Palazzo delle Aquile dove aveva sede il comando rivoluzionario e i sontuosi palazzi dove risiedevano i nobili inglesi e non a caso parlavano tutti fluentemente l’inglese, Vi e’ poi il giallo della cassa segreta con tutta la documentazione finanziaria della spedizione, di cui chi scrive è in grado di fornire una versione di prima mano, in quanto conoscente e amico di Stanislavo Nievo scrittore e regista televisivo, nonche autore del libro “Il prato in fondo al mare” dove si racconta del tragico naufragio con il piroscafo Ercole e del suo antenato  lo scrittore Ippolito Nievo, in quel 1860 Tenente Colonnello responsabile dell’Intendenza militare, che giustappunto trasportava nel piroscafo tale cassa  con non solo le riserve auree e di valuta  dell’impresa, ma anche tutta la documentazione  finanziaria, per la quale se non si fosse inabissata si sarebbe potuto risalire con facilita’ a chi realmente finanzio’ l’Impresa. 

I misteri di Sicilia e le probabili ingerenze massoniche non finiscono con la conquista del regno delle Due Sicilie da parte di Garibaldi e quindi il passaggio tramite plebisciti al Regno d’Italia sotto sua Maesta’ Vittorio Emanuele II e Capo del governo il più ossequioso dei cavalier serventi della Massoneria Inglese Camillo Benso di Cavour:  uno dei piu’ valenti sottoposti di Garibaldi il Colonnello e poi Generale, promosso sul campo Generale, Giovanni Corrao,  l’amico intimo del concittadino palermitano Rosolino Pilo, tornato  Colonnello con il passaggio dal cosidetto Esercito Meridionale all’Esercito Regio del nuovo Regno, non era durato a lungo nei ranghi dell’Esercito regolare per tornare tra le fine garibaldine nel ’62 combattendo ad Aspromonte dove Garibaldi fu ferito dalle truppe Regie del Col. Pallavicini (episodio riportato nel film Il Gattopardo di Luchino Visconti):Amnistiato per la diserzione dalle truppe regolari e i fatti di Aspromonte,  Corrao  torno’ nella sua Palermo e comincio’ a tessere le fila di una sedizione popolare che rinnegava la spedizione di due anni prima e proponeva la secessione della Sicilia dal regno d’Italia. Le sue qualita’ di capo popolo e abile organizzatore, che si erano d’altronde messe in luce nel ’60 come co-arruolatore assieme a Rosolino Pilo, dei cosidetti picciotti, stavano tornando prepotentemente alla ribalta in quei primi mesi del 1863, tanto da preoccupare non poco il Governo centrale e la Corona (e aggiungiamo noi…. la Libera Muratoria, anche quella oltre Manica). Corrao era un personaggio pittoresco, alto, imponente, energico e volitivo. Poteva sembrare anche un Brigante con quella sua espressione fiera e l’aspetto minaccioso e difatti non mancarono le accuse di essere una sorta di trait d’union con la Mafia allora emergente. Sta di fatto che nell’agosto 1863, quando il suo movimento di opposizione al Governo centrale stava facendosi davvero pericoloso, venne ucciso da ignoti sicari, che pero’ una donna delle vicinanze testimonio’ di avere visto aggirarsi nei luoghi dell’agguato in divisa di carabinieri reali. Per la cronaca, nella relazione delle indagini sul  suo assassinio, venne utilizzato per la prima volta in un atto ufficiale del regno d’Italia, il termine Mafia. Per giusto cent’anni.
Fino al 1963,  la sua mummia era conservata nelle famose Catacombe dei Cappuccini  in via Pindemonte a Palermo e il sottoscritto la vide, di poi però’ con la revisione della sua figura storica, che era stata adombrata appunto di implicazioni proto mafiose, la sua salma e’ stata traslata nel cimitero di san Domenico, la Santa Croce palermitana, sepoltura dei Siciliani piu’ illustri. L’ultimo colpo di coda del malcoltento siciliano e’ di tre anni dopo, subito dopo la rovinosa guerra del nuovo regno d’Italia alla sua prima prova militare, battuta per terra (Custoza) e per mare (Lissa) : ultimo per modo di dire, perche’ all’endemica guerriglia con i Briganti per tutti gli anni sessanta, fara’ riscontro  nel 1894 la grande rivolta dei fasci siciliani repressa con stati di assedio e cariche di cavalleria, pero’ in quel  settembre del 1866 abbiamo degli insorti che prendono la citta’ di Palermo e la tengono per sette giorni e mezzo,  da cui la dicitura di “rivolta del sette e mezzo” si tratta di una nuova rivolta popolare che puo’ essere considerata una propaggine dell’azione sobillatrice di Corrao -  non a caso uno dei principali protagonisti Giuseppe Badia era un amico e collaboratore di Corrao fin dai tempi delle formazione delle bande di picciotti nel 1860 – repressa con il fuoco dei cannoni della flotta della regia Marina e con un vero e proprio corpo di occupazione comandato dal Generale che 4 anni dopo occcupera’ Roma : Raffaele Cadorna. Tratto velocemente di queste rivolte perche’ non vi si ravvede piu’ la matrice massone, ma si misura solo  la pochezza di una classe dirigente che battuta sui campi di battaglia in guerre vere, e da generali stranieri  veri,  riesce a rifarsi , giustappunto in accezione militare, solo contro quasi inermi cittadini .
Eh si! ci sono anche una serie di rivolte, sommosse, rivoluzioni e rivoluzioncine di cui la matrice massonica e’ meno evidente, come ho detto ad esempio a proposito della rivolta del sette e mezzo a Palermo o di quella dei Fasci siciliani del 1894, anzi forse del tutto inesistente e alcune volte addirittura antitetica. Se ad esempio nel processo di unificazione dell’Italia e’ fin troppo palese,  non altrettanto puo’ essere  rimarcato per quello della Germania, dove una 
classe di potere egemonica ha poco o nulla a che spartire con la mentalita’ commerciale e bottegaia dell’Inghilterra e dei Paesi ad essa correlati - l’Italia tra le prime in Europa, ma anche gli Stati Uniti specie quelli che si affermeranno dopo la vittoria della coalizione nordista – in quel decennio sessanta si compiono molte nuove realta’ nazionali  (Italia 1859-1870 -USA 1861-1865 - Germania 1864-1870), ma mentre le prime due sono di chiara marca commerciale e quindi massonica, l’ultima no, appartiene ad una sorta di retaggio guerriero, ovvero “l’eta’ dei guerrieri” alla Esiodo, così l’acceso militarismo della nazione battistrada la Prussia, di cui lo stesso cancelliere Bismarck non disdegna di rivestire spesso fogge militari. Su tale falsariga e’ l’Impero austriaco che nel 1867 diviene  austro-Ungarico, anche se sotto tutela prussiana che l’ha battuta in guerra a Sadowa l’anno precedente . L’odio, la repulsione della Massoneria e della loro patria bottegaia per questi retaggi di spirito guerriero  nelle nazioni d’Europa centrale, che  a tratti e con accezioni assai spesso contrastanti,  si dilata anche all’Impero russo , e’  feroce e attraversa tutto il XIX secolo con una vera e propria esplosione deflagrante nel 1914: in tale anno difatti la Massoneria non perdera’ occasione per operare un deciso salto di livello, non piu’ con una rivolta, neppure piu’ con una rivoluzione, ma con una guerra mondiale di proporzioni ed entita’ quali non si erano mai viste in tutta la storia dell’umanita’. Si ! qui lo dico e qui lo affermo: e’ la massoneria la vera sobillatrice dell’ordine costituito in quell’estate del 1914, la massoneria che si serve della piu’ bottegaia delle nazioni che  e’ pronta a riversare tutta la sua influenza commerciale nei campi di battaglia, e trascina
abilmente i suoi razzaffonati alleati sfruttando abilmente certe discrasie spesso e volentieri di vecchia data : uno spirito di revanche della cocente sconfitta di Sedan del 1870 per la Francia, la Russia puntando sulla sua eterna rivalita’ con gli imperi teutonico e asburgico,
  e ultima, un po’ per il colletto, una Italietta di scarsa affidabilita’ sia per i suoi voltafaccia  sia visti i suoi non esaltanti precedenti militari (la sconfitta del ’66, la farsa della presa di Roma nel ‘70 e anche una debacle coloniale  addirittura in una battaglia campale contro gli abissini nel 1896 ).I Guerrieri teutonici si rivelano però ossi duri da spolpare e solo per una serie di disgraziate circostanze non colgono specie nei primi mesi di guerra quella folgorante vittoria che probabilmente avrebbe decretato il fallimento di tutta la bottega ed allora ecco ricorrere all’aiuto oltre oceano degli apprendisti nuovi capi bottega .
Mai come in quel 1917,
  dopo tre anni di logoranti battaglie e milioni di morti,  i Maestri Massoni debbono essersi compiaciuti della scelta dei loro antenati di favorire l’indipendenza degli Stati Uniti d’America,  una nuova entita’ staccata dalla madre patria, ma sempre unita da vincoli piu’ forti di quelli nazionali: sara’ infatti la scesa in campo degli americani a far pendere la bilancia dalla parte della Intesa di Inghilterra, Francia e Italia , anche se deprivata dell’alleato russo a causa di una rivoluzione. Rivoluzione di febbraio e soprattutto Rivoluzione di ottobre cosidetta bolscevica, per la quale non mi sento di attribuirle una matrice massone, ma anzi questa volta organizzata  proprio dalla parte avversa, la parte riconducibile ai “Guerrieri” desiderosi con ogni mezzo di staccare dalla contesa pezzi della coalizione nemica. Sono d’accordo che la Massoneria soprattutto di etnia ebraica era contrarissima al potere dello Zar e da parecchi anni fomentava rivolte contro la Russia favorendo altresì altre nazioni contro di essa, come ad esempio con la guerra russo-giapponese, pero’ nel 1914 aveva per ragioni di stato e di opportunita’ strategica  dovuto accettarne l’alleanza nel conflitto. L’atavico odio della massoneria ovvero di quella borghesia sempre piu’ elitaria in senso mercantile e commerciale,  contro la concezione stessa dell’Impero che  vedeva in tale istituzione solo un ostacolo al suo spirito mercantile e commerciale legato al profitto, doveva per il momento scendere a patti e operare un distinguo, pero’ quando nel 1917 l’Alta Finanza Germanica su commissione dello Stato maggiore tedesco  comincio’ a finanziare la rivoluzione in seno alla Russia, molto probabilmente l’Alta Finanza Inglese ed ebrea si mantenne neutrale, dedicando la sua attivita’ a favorire il pronto intervento nel conflitto degli USA ovviamente dalla loro parte: è  una tesi questa non condivisa dall’autore dell’accennato libro” Rivelazioni non autorizzate”Marco Pizzuti, che anche per la Rivoluzione Bolscevica da’ gli stessi finanziatori e organizzatori, prendendo a sostegno il fatto che per la appena precedente rivoluzione di febbraio il suo protagonista  Alexander Kerensky fosse sia un ebreo che un massone .  Ma a mio parere un conto e’ la rivoluzione di Kerensky che aveva tratti socialdemocratici e quindi in linea con l’interesse commerciale ed economico dei Paesi dell’Intesa e soprattutto dell’alta finanza ebrea pilotata sempre dalla massoneria , un  conto e’ la rivoluzione  d’ottobre che da subito aveva fatto mostra di  quei caratteri di estremismo esasperato , che lasciava intendere chiaramente che mai piu’ una rivoluzione capitanata da un fanatico ideologo e demagogo come Lenin avrebbe continuato la guerra a fianco di Paesi capitalisti . E’ difatti cosa fin troppo nota che Lenin prigioniero dei tedeschi per le sue attivita’  sediziose in germania  non solo venne liberato, ma fu fatto viaggiare su un vagone blindato di un treno protetto da truppe tedesche con meta esclusiva la frontiera russa, proprio per sobillare con tutta la sua consumata abilita’ la rivoluzione e favorire un esito estremo che portasse alla defezione della Russia dalla guerra. Un po’ la stessa musica per il secondo grande protagonista della rivoluzione d’ottobre Leone Trotsky, che viveva a New Jork in quanto espulso dalla germania e che la comunita’ Germanica d’America fece imbarcare segretamente per San Pietroburgo nel marzo 1917. Il mio parere e’ che se la massoneria di cui sembra che sia Lenin che Trotzsky facevano parte,  aveva investito su tali personaggi era piu’ una questione di anni passati, per intenderci ai tempi della guerra Russo Giapponese, dell’ammutinamento della corazzata Potemkin, ma in quel 1917 la palla di un simile complotto era passata alla’alta finanza germanica su commissione dello Stato Maggiore germanico   che diede avvio appunto alla operazione di favorire una rivoluzione con il movente specifico di   far defezionare dal novero dei nemici una compondente di primissimo piano. Facciamo una ulteriore riflessione: le cose della vita, specie quando ci sono in gioco grandi interessi, non sono mai bianco e nero, ma hanno una varieta’ illimitata di grigi, così anche io penso che la massoneria, l’alta finanza internazioneale quasi tutta di etnia ebraica , abbiano avuto parte in complotti di ogni genere soprattutto nel favorire quello spirito falsamente democratico, larvatamente buonista,  apparentemente propenso alla emancipazione delle masse, che specie ai giorni d’oggi e’ diventato dominante: ovvero  un po’ l’aggiornamento del “pecunia non olet” dell’Imperatore Vespasiano, ovvero il denatro non puzza, questo significa che da qualunque parte vengano i profitti, saranno sempre ben accetti, il danaro non ha odore e non ha personalita’, piu’ aperta sara’ la societa’ e tollerante di tutte le posizioni, anche le piu’ estreme,  piu’ ampio sara’ il consumo e quindi il guadagno; ecco   quindi  la spiegazione del perche’ sia Massoneria che l’alta finanza e i notabili  ebrei, abbiano sempre caldeggiato emancipazione e le idee liberali e perseguito, o meglio fatto perseguire da pensatori prezzolati le piu’ avanzate e cosidette progressiste,  idee e movimenti di totale apertura ad ogni istanza come uno dei piu’ famosi ronzini di tale tendenza karl Popper  ha cercato di condensare nel suo ignobile saggio
“La societa’ aperta e i suoi nemici” un testo che non a caso e’ divenuto una sorta di bibbia e di manuale d’uso delle lobbies internazionali di industrialismo e consumismo
  esasperato in questi primi decenni del terzo millennio, grazie anche al suo allievo George Soros, che proprio grazie alla farsa di una presunta pandemia e all’inganno e alla manipolazione perpetrata con un impiego massiccio di danaro e la mobilitazione della quasi totalita’ dei mass media , è a tutt’oggi in primissimo piano nel tentativo di asservire in maniera totale l’umanita’ai principi di un iper capitalismo che ha gettato ogni maschera e si è finalmente congiunto con la faccia fino a poco fa tenuta oscura della sua stessa medaglia,  quella del socialismo progressista,  giustappunto di una societa’ aperta  dove ogni diversita’ venga appianata in nome del feticcio del consumo globalizzato, ma pilotato da ristrettissime elites

IL MALE VIEN DAL MARE

  Mi sono sempre chiesto se ci sia qualcosa o qualcuno, che possa essere indicato come il  responsabile e anche all'origine dell'att...